Energy and Politics: Behind the Scenes of the Nabucco-TAP Competition

Nicolò Sartori - Energy and Politics: Behind the Scenes of the Nabucco-TAP CompetitionSegnalo un interessante paper di Nicolò Sartori sul tema del Corridoio merdionale e sulla vittoria di TAP nella competizione con Nabucco West Energy and Politics: Behind the Scenes of the Nabucco-TAP Competition.

Particolarmente convincente una delle considerazioni finali «if the focus moves […] to the specific objectives pursued by the Commission over the last decade, then the final response represents a clear policy failure».

Un fallimento che però è stato anche un successo per l’Italia, a ricordarci (aggiungo io) che non tutte le preferenze delle istituzioni europee sono positive per la sicurezza energetica nazionale.

Il gas iraniano dovrà attendere

Iran’s gas exports: can past failure become future success?Come sarebbe il mercato mondiale del gas con una Russia in più? Questa è la domanda da porsi guardando al settore energetico iraniano: 36.000 miliardi di metri cubi di riserve (18% del totale) praticamente assenti dal mercato a causa dell’isolamento del Paese.

A poco valgono gli annunci del ministro del petrolio Rostam Qasem circa gli sviluppi autarchici dell’industria iraniana. Nonostante le potenzialità, occorreranno diversi decenni prima che l’Iran possa essere un attore rilevante del mercato del gas mondiale. A spiegarne bene le ragioni è un paper per lo IES di David Ramin Jalilvand, Iran’s gas exports: can past failure become future success?.

Il lavoro ricostruisce bene la situazione iraniana e descrive i fattori che ostacolano lo sviluppo del settore gas nel Paese: la politica economica frammentata che rende difficile definire le priorità di investimento, i forti sussidi ai consumi interni (il gas è usato anche per il trasporto) che rendono molto impopolare ogni misura di razionalizzazione, la chiusura agli operatori internazionali, un processo politico caotico che rende difficile individuare e implementare strategie di esportazione.

Nonostante le difficoltà, le esportazioni di gas nel prossimo decennio potrebbero aumentare, ma occorrerà molto tempo prima che gli effetti raggiungano i mercati internazionali. Jalilvand giudica infatti molto improbabile che l’Iran possa diventare un grande esportatore (oltre 50 Gmc all’anno) prima degli anni 2030.

Nondimeno, è possibile che alcuni piani di sviluppo si concretizzino per la metà del prossimo decennio. In particolare, potrebbero aumentare le esportazioni verso la Turchia ( a 10 Gmc/a), l’Armenia (da 0,5 a 2,3 Gmc/a) e l’exclave azerbaigiana del Nakhchivan (da 0,3 a 0,5 Gmc/a). Inoltre, potrebbero aprirsi nuovi canali di esportazione verso il Pakistan (8 Gmc/a) e l’Iraq (7,3-9,1 Gmc/a).

Il crepuscolo delle supermajor

Supermajordämmerung - The day of the huge integrated international oil company is drawing to a closeL’Economist di questa settimana non è tenero con le supermajor petrolifere, prevedendo per loro un futuro più mini e più votato al gas naturale. Probabile, le argomentazioni sono plausibili (leggere per credere).

La parte più interessante del discorso riguarda le previsioni di domanda petrolifera. Partendo dalle previsioni al 2030 di consumi a 100 milioni di barili al giorno (Mbbl/g), si enumerano tutti i fattori che potrebbero ridurre la crescita (concentrata fuori dall’OCSE, naturalmente).

In ordine di apparizione: l’aumento di efficienza cinese (-3,8 Mbbl/g), la metanizzazione dei consumi statunitensi per trasporto (-3,5 Mbbl/g), la riduzione dei consumi per generazione elettrica e dei sussidi in Medio Oriente e negli altri Paesi produttori (-3 Mbbl/g).

Sommando questi fattori, si potrebbe scoprire che forse il picco petrolifero è di domanda (e non di offerta, con buona pace dei nipotini di Malthus) e che arriverà prima dei 100 Mbbl/g (oltre che prima del 2030).

Conseguenze? Prezzi in discesa e Paesi produttori in difficoltà. A cominciare dalla Russia, visti i costi crescenti di produzione, e dai Paesi mediorientali, vista la mancata diversificazione delle economie.

In ogni caso, c’è solo una certezza: poche cose sono aleatorie come le previsioni sul settore petrolifero.

Privatizzare Eni e Enel (magari non ora)

Eni, Enel: privatizzazioni inutili Sul tema dell’ulteriore privatizzazione di Eni e Enel torneremo sicuramente nelle prossime settimane, anche se dato l’attuale contesto politico è probabile che nemmeno questo autunno torneremo sulla questione.

Solo una paio di osservazioni. La prima – fondamentale – è che si può recidere il cordone ombelicale tra lo Stato e le aziende che ne hanno fatto la politica energetica per decenni solo se lo Stato disponde della volontà politica di immaginare una politica energetica compiuta in ambiente di mercato (quindi non la SEN) e al contempo disponde  dei mezzi per attuarla (mezzi innanzitutto organizzativi).

Secondo: privatizzare ora, senza se e senza ma, è un errore. Come fa notare Mario Semerio su Italia Oggi, perché con la poca liquidità in circolazione gli incassi sarebbero magri e l’impatto sul debito pubblico sarebbe poco rilevante.

E l’impatto sul mercato? Torniamo al punto uno, perché in assenza di capacità di regolazione e intervento efficaci da parte del Governo, il risultato sarebbe disastroso (come le privatizzazioni degli anni Novanta) trasformando posizioni dominanti pubbliche in posizioni dominanti private [liberale sì, ma sono anche realista!].

Convincono poco anche le argomentazioni di Giuseppe Artizzu su HuffingtonPost, che vorrebbe mettere all’angolo Eni e Enel perché si oppongono alle posizioni di rendita create dai sussidi alle rinnovabili.

Le posizioni di Eni e Enel sono sacrosante: più generazione termoelettrica oggi vuol dire prezzi più bassi per i consumatori, imprese comprese. In periodo di crisi, le bollette si appesantiscono per arricchire chi ha colto l’occasione di una regolazione fatta male (e torniamo al primo punto).

E a poco vale la difesa di obiettivi europei già di fatto raggiunti e – apparirà sempre più evidente – inutili per l’ambiente perché non globali. Spingere per la privatizzazione di Eni e Enel nella speranza che così si oppongano con meno efficacia ai sussidi attuali è interesse di parte, non disegno sistemico.

Tra l’altro, per perseguire obiettivi di diffusione delle rinnovabili da piano quinquennale si sta ammazzando il mercato elettrico. A dirlo sono i dati del rapporto annuale Aeeg relativi alle quote di mercato. Nel 2012, Enel ha perso 3 punti percentuali, Eni 2, Edison e E.On 1, mentre il Gestore dei servizi energetici (società del Ministero dell’economia che distribuisce buona parte delle rinnovabili sussidiate) ha guadagnato 4 punti ed è il secondo operatore dopo Enel.

Urgono partiti politici con una visione di insieme, un’idea di politica energetica e la volontà di attuarla. Poi si potrà parlare di privatizzazioni.

La sicurezza di un rigassificatore offshore

Greta Munari - Analisi del rischio nei terminali di rigassificazione offshoreUno degli aspetti più delicati degli impianti di rigassificazione del GNL è quello relativo alla sicurezza e ai rischi per l’uomo e per l’ambiente circostante in caso di incidente (o di sabotaggio).

Tutte le infrastrutture realizzate in Italia hanno passato controlli di sicurezza molto stretti. Un elemento di rischio è tuttavia inevitabile in ogni attività umana, anche se molto ridotto (si parla di frequenze nell’ordine di una volta ogni milione di anni).

Per chi volesse approfondire gli aspetti relativi alla sicurezza di un rigassificatore offshore come l’OLT, segnalo la tesi di Greta Munari: Analisi del rischio nei terminali di rigassificazione offshore.

Si tratta di una lettura molto interessante per capire che i rischi di incidente sono davvero bassi e che in ogni caso riguardano di fatto “solo” la sicurezza del personale imbarcato e non quella della popolazione sulla costa.

Segnalo anche una sezione di risposte alle domande più frequenti relative al GNL, pubblicata dalla Commissione federale per la regolazione dell’energia statunitense.

ps: una considerazione relativa ai rischi non accidentali che vale la pena di riportare «il gas esplode solo se miscelato con aria (5%-15%) e in presenza di confinamento. I serbatoi della nave contengono GNL e i suoi vapori sono a pressione pressoché atmosferica. Anche in caso di attacco con esplosivo, si avrà rilascio ed evaporazione con incendio, mentre l’esplosione del contenuto non è fisicamente possibile».

I consumi di gas tra 20 anni – 2

La Commissione Europea rappresenta il punto di riferimento istituzionale per le statistiche dell’energia e le previsioni a livello di UE. Purtroppo, la divulgazione ufficiale dei numeri lascia molto a desiderare, soprattutto a livello di tempestività.

Sul fronte statistico Eurostat ha fatto in questi anni notevoli progressi, arrivando in alcuni casi a pubblicare dati aggiornati al semestre precedente. Sul fronte delle previsioni, invece, la Commissione ha ancora tanto da lavorare.

La DG Energy mette infatti a disposizione le previsioni sulle tendenze future, ma purtroppo lo fa con tempi biblici. Basti pensare che le stime al 2030 più recenti sono state chiuse nell’estate 2010. Un documento decisamente vecchio: non occorre essere uno specialista per capire che i mercati dell’energia negli ultimi tre anni hanno conosciuto cambiamenti profondi.

In ogni, essendo i dati più recenti ufficialmente disponibili, riporto le previsioni relative alla variazione dei consumi di gas naturale.

UE a 27 - Elaborazione su dati Commissione Europea e Eurogas

Rispetto ai dati IEA, i dati della Commissione sovrastimano l’aumento di domanda fino al 2020, per poi sottostimarlo nel decennio successivo. Nonostante la posizione istituzionale della Commissione, le previsioni IEA – per quanto forse eccessivamente ottimistiche – restano quelle più credibili.