Greggio: Scaroni prevede prezzi in calo

FT - Tough oil pricing ahead, says Eni chiefIn un’intervista sul Financial Times, Paolo Scaroni si è allineato alle previsioni ribassiste sulle quotazioni del petrolio, riconoscendo apertamente che è «più probabile che [il prezzo del greggio] vada su che non giù», a meno che non si registri un inatteso boom nell’economia mondiale.

L’orizzonte temporale indicato è quello tra due e cinque anni e i principali drivers saranno la domanda debole e l’arrivo sul mercato di nuova capacità produttiva.

Se la previsione è certamente mainstream, più interessante appare il ragionamento relativo alle dinamiche di prezzo innescate dall’anomalia del gas da argille statunitense, che costa molto meno (4 USD) del greggio (16 USD) a parità di potere calorifico (MBTU).

Prezzi così bassi stanno creando un’importante finestra di opportunità di mercato per il gas anche nel settore trasporti, tradizionale roccaforte dei consumi petroliferi. Il passaggio al metano di intere flotte commerciali potrebbe ridurre la domanda petrolifera, innescando un ulteriore spinta ribassista per il greggio.

Questo scenario si manterrebbe plausibile anche con prezzi del gas in netto aumento e quotazioni del greggio in discesa, dato l’enorme divario esistente e la naturale inerzia dei livelli di domanda.

Per quanto riguarda l’impatto del calo delle quotazioni del greggio sugli operatori, Scaroni sottolinea come – nonostante l’impatto negativo sui bilanci – le grandi multinazionali abbiano margine per restare sul mercato. Nel caso di Eni, Scaroni indica che la società potrebbe affrontare prezzi in caduta fino a 45 USD al barile.

Il dubbio è che possano farlo i Paesi produttori, ma questa è un’altra storia.

 

Eni è al 70% privata: ma va?

Eni diventa «privata»: i fondi battono il Tesoro in assembleaI fatti: domenica in assemblea dei soci di Eni Spa i privati partecipanti avevano un pacchetto azionario complessivo superiore a quello dello Stato (CDP e Tesoro hanno il 30,1%), che era in minoranza.

Un numero crescente di soci privati (30,98% delle quote) ha infatto preso parte all’assemblea, soprattutto i fondi di investimento stranieri. Dunque? Tutto nella norma, per una società per azioni. Ma non in Italia, dove l’azionista pesante ha sempre contato su un formidabile moltiplicatore di forze: l’acquiescenza formale.

Fuori luogo il moltiplicarsi di commenti che annunciano con indignazione la privatizzazione di Eni. L’azienda, creata com Ente pubblico nel 1953, è diventata una SpA nel 1992 ed è stata quotata a Milano, Londra e New York dal 1995.

«In poco più di due anni e mezzo il Ministero del Tesoro, con quattro offerte, ha collocato sul mercato circa il 63% del capitale dell’Eni, con un incasso complessivo di oltre 21 miliardi di euro (oltre 41.000 miliardi di lire)», secondo la ricostruzione ufficiale. Un altro 5% è stato venduto nel 2001, fruttando 2,7 miliardi di euro.

Lo Stato è ancora oggi l’azionista di maggioranza (relativa) e può far valere la minoranza di blocco per ogni decisione straordinaria e, come extrema ratio, usare i privilegi connessi alla golden share.

La vera domanda è: è ancora necessario che una quota così alta di Eni sia in mano pubblica? Politicamente, è opinabile. Di certo però in materia di sicurezza energetica la risposta è no.

Perché il gas e il petrolio sui mercati italiani arrivano in ogni caso, proprio perché sono mercati (anche meglio: sono parte di mercati internazionali). Le necessità e il contesto storico sono molto cambiati rispetto agli anni Cinquanta e anche ammesso che sia necessario avere una voce in capitolo sulle decisioni di uno dei tanti operatori del mercato, la golden share è più che sufficiente.

Il resto è solo matenimento di un’ingerenza pubblica che comprime l’efficienza, distorce gli investimenti e la possibilità di creare ricchezza, come dimostrato dalle lunghe resistenze alla separazione da Snam Rete Gas.

L’Europa occidentale e il gas russo

L'Europa occidentale e il gas russoSlides relative alla lezione «L’Europa occidentale e il gas russo», tenuta presso l’Università degli Studi di Pavia (13 Maggio 2013).

Avviso: data l’omogeneità di temi e la prossimità temporale, le slides sono quasi tutte uguali a quelle della lezione «Russian Gas for Western Europe. Energy Security in a Changing International System». L’aggiunta principale è quella di due slides con di alcuni dati di Gazprom Export.

Possibili problemi per i prezzi spot del gas

FT - Companies end co-operation with gas price agenciesStanno emergendo in questi giorni sempre più notizie relative a un problema che potrebbe avere importanti conseguenze per i mercati spot del gas naturale in Europa, secondo quanto riportato dal Financial Times (e brevemente ripreso da SQ).

A partire da novembre, quando scoppiò il caso delle manipolazioni dei tassi Libor – un numero crescente di operatori ha smesso di comunicare i dati relativi ai prezzi di scambio alle Price-reporting agencies (Platts, Argus e Icis Heren).

A RWE e Centrica si è aggiunta di recente anche Statoil, assieme a diversi traders. Gli operatori vogliono evitare di essere coinvolti in eventuali scandali che dovessero emergere relativamente a possibili manipolazioni dei prezzi. Tra l’altro, il regolatore britannico sta già indagando Heren proprio per sospetta manipolazione delle quotazioni NBP.

Le PRA sostengono di avere comunque accesso a dati sufficienti per garantire l’affidabilità delle quotazioni pubblicate (tra cui TTF, a l’Aeeg guardava come possibile benchmark per la prezzatura della componente materia prima in vista della riforma delle tariffe del servizio di maggior tutela), ma il dubbio che ci sia qualche scandalo in arrivo è legittimo.

La vicenda rappresenta in ogni caso un campanello d’allarme circa la necessità di regolare a livello europeo in modo più trasparente le attività di scambio e di determinazione delle quotazioni giornaliere ai punti di scambio.

Questo è tanto più vero nella fase attuale, in cui si mettono sempre più in discussione le formule di indicizzazione alle quotazioni del greggio presenti nei contratti di lungo periodo. Queste formule, con tutti loro difetti, hanno almeno il pregio di avere un riferimento certo e molto difficile da manipolare.

Nota: il tema è stato ripreso, con alcune interessanti aggiunte, da Matteo Monti.

Bilancio energetico nazionale

Bilancio energetico nazionaleIl Dipartimento per l’energia del Ministero dello sviluppo economico ha pubblicato il Bilancio energetico nazionale provvisorio relativo al 2012.

I dati provvisori confermano un calo generale dei consumi (-3,5%) a 178 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep).

La contrazione riguarda in particolare il petrolio (-8,1%), a 63,6 Mt, e il gas naturale (-3,9%), a 61,4 Mtep (pari a 73,2 miliardi di metri cubi), oltre alle importazioni elettriche (-5,8%), a 9,5 Mtep.

Stabile invece il consumo di combustibli fossili, a 16,6 Mtep, grazie ai prezzi particolarmente competitivi. In crescita infine, naturalmente grazie agli incentivi, la produzione da fonti rinnovabili (+9,1%), a 26,9 Mtep.

Per chi fosse interessato, metto a disposizione la mia elaborazione dei dati ufficiali pubblicati: