Italia-Azerbaijan, un amore di gas

Italia-Azerbaijan, un amore di gasLeft, il settimanale allegato all’Unità del sabato, dedicherà nel numero di domani un articolo all’Azerbaigian a firma di Cecilia Tosi. Del pezzo è già stata diffusa una parziale anticipazione.

Un paio di paragrafi molto interessanti, ma putroppo con qualche svista. Procediamo con ordine: dubito seriamente che una persona con la preparazione di Ferdinando Nelli Feroci abbia detto che l’Azerbaigian stia «emergendo come il maggior fornitore di gas del mondo», perché è completamente falso. Suggerisco di andare a vedere i dati BP (o Eni, o EIA): l’Azerbaigian non è nemmeno tra i primi venti Paesi al mondo né per riserve (27°) né per produzione (35°; con Shah Deniz 2 oggi sarebbe 26°).

Forse parla del ruolo del gas azerbaigiano per l’Ue nel prossimo decennio? Falso anche in quel caso. Perché anche con Shah Deniz 2 operativo e le infrastrutture di trasporto completate, si tratterebbe di 10 Gmc in più: il 2% del consumo europeo. Meno di un decimo delle importazioni dalla Russia o dalla Norvegia, meno di un quinto di quelle via GNL o di un quarto di quelle dall’Algeria.

Venendo alle rotte, nei Balcani il gas azerbaigiano non ci arriverà passando dall’Italia, ma dalla Bulgaria (o al massimo in futuro dall’Albania): è una questione di km e quindi di costi.

Esattamente come la scelta di costruire il Tap verso l’Italia anziché il Nabucco West verso l’Austria: 870 km il primo, 1.329 km il secondo. Se a questo sommiamo che secondo le stime la stariffa di trasporto a km del Tap è del 50% inferiore, non dovrebbe stupire che le imprese coinvolte risparmino volentieri circa 250 milioni di euro all’anno. Con buona pace degli austriaci e di Verdi.

Sulle ri-esportazioni dall’Italia in Francia, resto dubbioso, visto che non esistono le infrastrutture né sono state mai progettate da Snam Rete Gas. Se poi si riferisce a eventuali scambi di volumi virtuali, curiosa la scelta di indicare la Francia e non altri mercati europei.

Per quanto riguarda l’ipotesi che Tap sia stato scelto per non dare fastidio a Gazprom, ci sono due appunti da fare. Il primo è che i volumi di gas azerbaigiano non sono in ogni caso preoccupanti per i russi. Inoltre, Gazprom vende molto più gas in Italia che non in tutti i Balcani messi insieme: al massimo dovrebbe essere preoccupata per un aumento di concorrenza in Italia. Tutto questo tacendo le evoluzioni che prevedibilmente il mercato europeo avrà entro il prossimo decennio, quando il punto di ingresso sulla rete europea sarà sempre meno rilevante per la sua commercializzazione.

A volte guardare un po’ di più ai dati e ai fondamentali fa risparmiare sulle dietrologie (che qualcuno si ostina a confondere con la geopolitica). In ogni caso, buona lettura.

Enel e Hera firmano per il gas azerbaigiano

Enel sigla accordo con il consorzio Shah Deniz per l'approvvigionamento di gas da AzerbaigianPrimi contratti per l’acquisto del gas azerbaigiano di Shah Deniz, che saràportato in Italia attraverso il TAP. Ieri Enel e Hera hanno dato l’annuncio di aver concluso due contratti di fornitura della durata di 25 anni.

Il gas sarà fornito non prima del 2019 (probabilmente sarà 2020-2021). Per quanto concerne i volumi, Hera ha dichiarato 300 milioni di metri cubi all’anno, mentre Enel non ha specificato nel comunicato i volumi acquisiti.

L’annuncio della sigla dei primi contratti di fornitura rappresenta un ulteriore segnale positivo in attesa che, dopo la scelta del gasdotto, venga ufficializzata la decisione finale di investimento sulle attività upstream nell’offshore del Caspio, al momento in sospeso a causa delle incertezze di BP sulla ripartizione dei costi.

Caucaso meridionale: un decennio movimentato

http://www.ispionline.it/sites/defau</a>L’Italia e il <strong>Caucaso meridionale</strong> sono più vicini di quanto lascerebbero supporre i 3.000 km di distanza. E non solo perché in futuro il TAP porterà il gas azerbaigiano arriverà in Italia. Già oggi infatti il 20% dei consumi italiani di petrolio (circa 200.000 barili al giorno) arriva dal Caspio azerbaigiano e transita attraverso l’<a title=oleodotto BTC, che dal 2006 attraversa l’Azerbaigian e la Georgia.

L’inaugurazione del BTC è stato solo uno degli eventi che hanno reso l’ultimo decennio nell’area del Caucaso meridionale un momento cruciale per la storia delle tre repubbliche post-sovietiche della regione: Armenia, Azerbaigian e Georgia.

Capire qualcosa in più delle dinamiche più importanti nella regione può essere utile per valutare meglio i rischi per la sicurezza energetica italiana. Per chi fosse interessato ad approfondire il tema, segnalo una mio report pubblicato oggi dall’ISPI: A Decade in Motion. Southern Caucasus in 2003-2013.

TAP, Nabucco, Corriere: quanta confusione

Europa in ordine sparso nella battaglia energeticaQuando si parla di energia, la stampa italiana non sempre è sul pezzo. L’ultimo caso è un articolo del Corriere pensato per chiarire ai lettori il contesto della scelta TAP: Europa in ordine sparso alla battaglia energetica. Obiettivo non raggiunto.

Tralasciamo l’adeguatezza dei titoli roboanti per concentrarci sui contenuti. Nulla di personale contro l’autore, ma TAP e Nabucco West non sono Corridoi energetici, ma gasdotti (infrastrutture) in competizione sullo stesso corridoio (progetto politico), quello meridionale.

Certo, un dettaglio, ma nel gergo di Bruxelles sono cose parecchio diverse, tanto da consentire a Barroso di salvare la faccia congratulandosi per la scelta di TAP come infrastruttura europea del Corridoio meridionale.

Proseguendo, il TAP traspoterà 10 miliardi di metri cubi (e espandibili a 20) e non 16, che invece saranno il totale della nuova produzione di Shah Deniz, in parte assorbita da Georgia e Turchia. Anche qui, dettagli: ma 6 Gmc in più o in meno sono anche l’equivalente di un rigassificatore in più o in meno, tanto per fare un esempio.

Poi, non si capisce bene perché il Nabucco West avrebbe rappresentato un fattore di diversificazione dalla Russia mentre il TAP no. Per sostenerlo, bisognerebbe ignorare il fatto che Nabucco West e TAP fossero in competizione per essere interamente riempiti dallo stesso gas di Shah Deniz. Che transiti da una parte o dall’altra, sempre del gas azerbaigiano del Caspio si tratta.

Sostenere che il Nabucco West potesse garantire più diversificazione del TAP nasce da un equivoco. Una cosa è il Nabucco, il progetto originale di gasdotto da 31 Gmc/a, accantonato da diversi anni perché avrebbe dovuto approvvigionarsi di gas iraniano (!), iracheno e turkmeno. Un’altra è Nabucco West, un progetto (ufficialmente, “scenario”) da 10 Gmc/a (espandibili a 20) e basta, proposto come ripiego per continuare a competere con il TAP per il solo gas azerbaigiano [non metto link perché nel frattempo il sito di Nabucco è andato offline].

Un’ultima considerazione: sarà anche vero che «i gasdotti si realizzno non solo sulla base della loro aritmetica economica», ma i 50 centesimi di differenza nelle tariffe di trasporto (di cui si parla nell’articolo) corrispondo a risparmi per 250 milioni di dollari all’anno. Forse abbastanza per fare la differenza.

Shah Deniz 2: lavori al via nel 2014

Construction within Shah Deniz 2 project to start in mid-2014 Dopo aver definito l’infrastruttura di trasporto, è giunto il momento per i soci del consorzio Shah Deniz di avviare i lavori per estrarre il gas necessario a riempire i tubi.

Secondo quanto riportato da AzerNews, la costruzione delle infrastrutture di produzione dovrebbe iniziare a luglio 2014. Il consorzio starebbe infatti preparando la procedura di appalto per la selezione dei fornitori, che dovrebbero essere individuati entro gennaio prossimo.

La seconda fase di Shah Deniz prevede la realizzazione di due piattaforme offshore connesse tra loro da un ponte, di 26 pozzi sottomarini (perforati con due macchinari semi-sommergibili), di 500 km di conodotte sottomarine a una profondità di oltre 500 metri.

Complessivamente, la capacità produttiva aggiuntiva per la fase due di Shah Deniz dovrebbe essere di 16 miliardi di metri cubi, che andranno ad aggiungersi ai 9 già in produzione per la fase uno.

 

Il TAP, visto da oriente

Saluti da BakuLa vittoria del TAP, arrivata a fine giugno, è stata favorita dai fondamentali economici: un investimento più leggero, un mercato finale più grande e un maggiore interesse da parte di parecchi operatori non azionisti dell’infrastruttura.

Presa la decisione, la questione ora sembra essere la tempistica. Ufficialmente il gasdotto dovrebbe essere operativo nel 2019, ma è probabile uno slittamento di almeno un paio di anni, per dare il tempo al mercato italiano (e a quello europeo) di superare la crisi.

Difficile invece vedere motivo di reale preoccupazione nelle parole di Maria van der Hoeven, direttore della IEA, riportate in un’intervista al Sole24Ore. Van der Hoeven ha sottolineato come la decisione finale di investimento di Shah Deniz 2 non sia ancora stata firmata.

Vero, ma è difficile immaginare che a questo punto le compagnie si tireranno indietro, a cominciare da Socar. La compagnia di Stato azerbaigiana ha infatti investito pesantemente nei progetti di esportazione lungo il Corridoio meridionale: in Turchia (80% di Tanap), in Grecia (acquisendo Desfa) e nel TAP (20%).

Al netto dell’interesse delle altre società (BP acquisirà il 20% di TAP, Total il 10%), difficilmente Socar si sarebbe esposta tanto senza una garanzia circa la buona volontà di propri partners. Peraltro, la determinazione azerbaigiana a portare avanti l’infrastruttura sembra abbastanza solida (anche sul versante finanziario) da lasciare pochi dubbi sul fatto che il gasdotto si farà e il gas arriverà nel giro di un decennio. Con buona pace degli scettici.

ps: saluti da Baku.