South Stream: si costruisce davvero?

TASS - Russia's Gazprom to start laying underwater part of South Stream on December 15La saga di South Stream continua. Stretto fra le sanzioni americane ed europee – che però non hanno colpito direttamente Gazprom – e la traballante situazione ucraina, il progetto di gasdotto russo-europeo è in un momento particolarmente difficile. Per tacere dell’opposizione della Commissione Europea.

A pesare davvero è poi la debolezza della domanda europea, che continua a calare e che non si sa se e quanto tornerà a crescere. Certo, la produzione interna europea che cala, ma a che ritmi e con quali sostituti resta una questione aperta.

Eppure a guardare le operazioni, il sospetto che Gazprom voglia andare avanti nonostante tutto viene. Nei mesi scorsi nel porto di Burgas sono stati consegnati i primi tubi per la sezione offshore, probabilmente quelli prodotti da Severstal. Gli altri tubi sono stati commissionati alla tedesca Europipe e alla russa OMK.

Un altro indizio che qualcosa si stia davvero muovendo arriva dalle navi Saipem, che poseranno la prima della quattro condotte. Le operazioni di posa dovrebbero avvenire entro il terzo trimestre del 2015, affinché il gasdotto sia operativo entro la fine dell’anno. Nelle operazioni sono coinvolte la Castoro Sei, che ha in passato ha posato una parte di Nord Stream, e Saipem 7000, che in passato ha posato una parte di Blue Stream.

Ed effettivamente, se si guarda al posizionamento delle due navi coinvolte, si nota che nelle ultime settimane sono rimaste stabilmente in acque bulgare. In particolare, Castoro Sei si trova ormeggiata a un molo del porto di Burgas, mentre Saipem 7000 si trova nelle acque della Baia di Burgas.

MarineTraffic - Posizionamento di Castoro Sei al 24/11/2014MarineTraffic - Posizione di Saipem 7000 il 24/11/2014Il fatto che le navi Saipem si trovino nelle acque bulgare e che abbiano con ogni probabilità effettuato le operazioni di carico dei tubi non vuol dire necessariamente che il gasdotto si farà, si farà entro il 2015 e che sarà operativo e in grado di veicolare parte delle esportazioni russe verso l’UE. Eppure è un chiaro segnale che qualcosa si sta muovendo.

Sanzioni alla Russia: corsi e ricorsi storici

NYT - Reagan Lifts Sanctions On Sales For Soviet Pipeline; Reports Accord With AlliesSpesso rileggersi i giornali del passato è un esercizio molto utile per capire le dinamiche del presente. Tra i tanti precedenti storici, le sanzioni imposte quest’anno dagli Stati Uniti alla Russia per via delle vicende ucraine ne hanno uno particolarmente interessante: le sanzioni imposte all’Unione Sovietica da Reagan nel 1981, in risposta all’introduzione della legge marziale in Polonia.

Le sanzioni colpivano in primo luogo l’esportazione di tecnologia necessaria all’ampliamento della rete di gasdotti diretti in Europa occidentale. E molta della retorica di allora sulla dipendenza europea dall’impero del male sembra riecheggiare nei giornali di oggi.

Per fare un viaggio nel tempo, suggerisco la lettura di questo articolo del New York Times del 13 Novembre 1982, il giorno in cui le sanzioni all’Unione Sovietica furono ritirate. L’articolo si chiude con questo istruttivo passaggio:

Martin S. Feldstein, the chairman of the President’s Council of Economic Advisers, said the sanctions had ”worked temporarily.” ”I think we have inflicted some pain,” he said, ”but we were also creating some side effects for our allies and ourselves so it was an inefficient way to penalize the Russians. We were hurting the allies and ourselves.”

The pipeline project, which is due to become a major source of Western currency for the Soviet Union by the end of the decade, was never seriously threatened by the sanctions, officials have said, but the sanctions did have the effect of making it more expensive for them.

A futura memoria.

L’importanza della TAP per l’Italia: le opportunità di una nuova infrastruttura

ISPI - La Tap e l'Italia: le opportunità di una nuova infrastruttura d'importazioneSegnalo un mio contributo recentemente apparso sul sito dell’ISPI, in cui faccio il punto sulla realizzazione del gasdotto TAP tra Turchia e Italia, infrastruttura che dovrebbe permettere di importare il gas dall’Azerbaigian a partire dal 2019.

A mio avviso si tratta di un’opera importante per il paese e mi rattrista sentire che il dibattito pubblico si limita a discutere sugli eventuali danni all’ambiente salentino.

Come sanno coloro che abitano in prossimità di uno dei molti gasdotti che attraversano il nostro paese, una volta realizzato, questo genere di opere è sostanzialmente invisibile e non produce danni. Sopra ci possono cresce le piante (certo non le case e forse questo è il punto).

Buona lettura e se qualcuno ha commenti, questi sono ben venuti.

Il sistema infrastrutturale europeo

System development map 2013ENTSOG e GIE hanno pubblicato la versione aggiornata al 2013 della cartina del sistema infrastrutturale europeo del gas.

La cartina riporta le principali infrastrutture di trasporto e stoccaggio a livello continentale, corredate da una tabella completa con le capacità di trasporto punto per punto a tutti i punti di ingresso alle frontiere.

La cartina riporta anche alcuni interessanti grafici con l’analisi della domanda e dell’offerta in Europa, con anche un’analisi della composizione dell’approvvigionamento.

Gas naturale in Europa orientale? A buon prezzo

Nel dibattito sugli approvvigionamenti europei di gas, un luogo comune da cui partono indisturbati molti ragionamenti è il fatto che i consumatori dell’Europa orientale paghino un prezzo più alto a causa del basso livello diversificazione delle importazioni.

In altre parole, Gazprom sfrutterebbe il proprio monopolio per tenere alti i prezzi, a scapito dei consumatori baltici o dei Paesi limitrofi. Guardano però ai dati di Eurostat relativi al primo semestre 2014, il dato che emerge è decisamente diverso.

Eurostat - Prezzi del gas per i consumatori residenziali  (primo semetre 2014 - €/kmc)Come si vede dal grafico, i consumatori italiani o tedeschi pagano il gas molto più dei loro omologhi dell’Europa orientale. Il dato più interessante è quello pre-tasse (in scuro nel grafico): al netto della pressione fiscale, per loro il gas costa meno. Nonostante un approvvigionamento molto meno diversificato del nostro.

Nessuna penalizzazione per i Paesi della regione nemmeno se si guarda ai consumatori industriali. Con la parziale eccezione della Lituania, per i grandi clienti i prezzi sono in linea con la media europea. L’Italia invece si distingue in questo caso per una forte scelta di politica industriale, con una componente fiscale molto bassa.

Eurogas - Prezzi del gas per i consumatori industriali (primo semetre 2014 - €/kmc)

 

Gas russo: distinguere approvvigionamento e (geo)politica

OIES - Reducing European Dependence on Russian Gas – distinguishing natural gas security from geopolitics Dopo l’accordo sul Winter Package e la ragionevole certezza che quest’inverno non ci saranno interruzioni delle forniture dalla Russia per ragioni contrattuali con Naftogaz, resta da fare una profonda riflessione sulla questione dell’approvvigionamento europeo di gas russo.

Nella concitazione degli eventi ucraini, la confusione tra questione commerciali e proiezioni politiche – spesso alimentata ad arte – ha dominato il dibattito e molte dichiarazioni ufficiali. I fatti sono però chiari: il gas russo è essenziale per l’approvvigionamento e la competitività delle grandi economie europee.

E lo sarà anche nel 2020 e nel 2030, perché le reali alternative sono o più costose (GNL) o a più alte emissioni di CO2 (carbone). E a seconda degli scenari, i volumi di gas russo sono destinati a crescere: la priorità è in ogni caso avere energia competitiva e a più basse emissioni.

Per i Paesi dell’Europa orientale che, a differenza di Italia e Germania, hanno un approvvigionamento non-diversificato e rapporti più difficili con Mosca, ridurre il peso del gas russo è invece una priorità politica. Per questi Paesi, il ricorso a nuovi canali di importazione e a maggiori interconnessioni è la soluzione migliore, senza che però sia necessario trascinare tutte le economie europee in una costosa strategia di “uscita” dal gas russo.

Sul tema, segnalo un bello studio dell’Oxford Institute for Energy Studies dal titolo Reducing European Dependence on Russian Gas – distinguishing natural gas security from geopolitics.