Germania: garanzie pubbliche a E.ON per il GNL

Reuters - Germany gives E.ON credit guarantees to strike LNG deals - sourceSecondo quanto riportato da Reuters, E.ON potrebbe aumentare il ricorso alle garanzie pubbliche sul credito per stipulare nuovi contratti di fornitura di lungo periodo di GNL.

L’anno scorso il parlamento tedesco aveva già approvato la concessione di garanzie per 2 miliardi di euro a favore di E.ON per acquistare forniture ventennali dal terminale canadese di Goldboro. La garanzia è stata approvata sotto forma di Untied Loan Guarantee federale e sarà effettivamente attiva solo dopo la decisione finale di investimento, attesa per il 2015.

La garanzia permette a E.ON di alzare il rating da A- a AAA, abbassando il costo del capitale di 1-2 punti percentuali. La garanzia del governo favorisce inoltre la cooperazione con gli esportatori, che preferiscono trattare con aziende che godono di copertura politica esplicita, come dimostrato dalla francese EDF.

In cambio della garanzia, E.ON si impegna a portare una quota del GNL acquistato direttamente sul mercato tedesco. Nel caso di Goldboro, la quota è del 30%. E.ON starebbe ora guardando a Mozambico, Israele e Sud America per ulteriori acquisti.

Considerando che la Germania non dispone di terminali di rigassificazione, nemmeno in progettazione, il ricorso ai terminali di altri Paesi europei appare inevitabile. Si tratta di una buona notizia, perché il livello di integrazione del sistema gas europeo è destinato a crescere. Ma anche di una cattiva notizia, visto che l’assenza di un coordinamento a livello europeo spinge sempre di più nella direzione di un sistema infrastrutturale germano-centrico, rispetto al quale l’Italia è solo una periferia secondaria.

L’economia ucraina verso il tracollo?

OIES - Ukraine’s imports of Russian gas – how a deal might be reached L’inverno si avvicina e nel prosimo trimestre la domanda di gas europea tornerà a crescere. Intanto però gli stoccaggi ucraini, fondamentali per garantire i flussi di gas verso l’Europa orientale e l’Italia, restano pericolosamente mezzi vuoti (48% a metà agosto).

A rallentare il ritmo delle iniezioni è l’assenza di un accordo tra Gazprom e Naftogaz dopo il cambio di governo a Kiev. Dal 16 giugno, tra l’altro, Gazprom ha interrotto le esportazioni destinate al mercato ucraino, mantenendo solo i flussi diretti in Ue.

I nodi sono due: il primo è il debito, 5,3 miliardi di dollari secondo quando dichiarato da Gazprom, a cui in teoria si aggiungono 11,4 miliardi per volumi acquistati ma non ritirati. Il secondo sono i prezzi per il futuro, considerando che il contratto vigente scade in teoria nel 2019. A ricostruire la vicenda in dettaglio è Simon Pirani.

Secondo Pirani, un accordo sul gas può essere raggiunto anche senza che si risolvano gli altri problemi politici. Nel breve periodo, la soluzione potrebbe essere che Naftogaz segua la prassi di mercato e paghi tutta la somma dovuta, aspettando poi che il tribunale arbitrale decida eventuali compensazioni.

Per il futuro, invece, è probabile che emergano dinamiche più competitive, Naftogaz perda il monopolio sul trasporto e il gas russo venga venduto a intermediari direttamente al confine tra Russia e Ucraina. I rischi di furto saranno così ridotti notevolmente, ma Gazprom dovrà accettare prezzi minori, vista la generale discesa dei prezzi sui mercati Ue e la crescente competizione del carbone sul mercato ucraino.

A rendere incerti gli sviluppi è però soprattutto la disastrosa situazione economica dell’Ucraina, che mette in dubbio i fondamenti stessi dell’intervento del Fondo Monetario, come ben spiegato dal Financial Times. I Paesi occidentali preparino il portafogli.

Qatar: GNL e terrorismo?

La Stampa - Iraq, l’islamismo da esportazione del Qatar. Per il Califfo un tesoro di due miliardi L’Ue continua nella politica di sanzioni alla Russia e la Commissione guarda con interesse al GNL come fonte diversificazione delle importazioni di gas.

Il Qatar naturalmente si presenta come candidato di primo piano. Il potenziale c’è, eccome: primo esportatore al mondo, con 107 Gmc di esportazioni nel 2013, una quota del mercato mondiale del 33% e oltre 25.000 Gmc di riserve.

Il Qatar è peraltro già un fornitore europeo: nel 2013 ha esportato nell’Ue circa 24 Gmc, di cui 5 in Italia, a Cavarzere. E nel 2011, anno prima del nuovo calo dei consumi europeo, si era arrivati addirittura a oltre 40 Gmc.

Intanto, però, si fa sempre più evidente la portata del legame tra il Paese del Golfo e le attività fondamentaliste e terroristiche in Medio Oriente. In particolare, proprio dal Qatar proverrebbero buona parte dei 2 miliardi di dollari su cui ha potuto contate l’ISIS per affermarsi.

A scriverne oggi è Maurizio Molinari, che su La Stampa parla del ruolo del Qatar nel finanziare Abu Bakr al-Baghdadi, il capo dell’ISIL, anche attraverso appoggi in Turchia. Molinari cita inoltre i Country Reports on Terrorism 2013 del Dipartimento di Stato, da cui il Qatar non esce molto bene, nonostante ospiti una delle più importanti basi militare statunitense nella regione.

Certo, il Qatar non è il solo esportatore di GNL e l’offerta aumenterà nei prossimi anni. Ma il Qatar resterà centrale anche nel prossimo decennio, forte della sua posizione geografica tra Europa e Asia. Non c’è solo il petrolio, a finanziare attività decisamente poco allineate agli interessi europei.

In fondo, Putin può non piacere, ma in giro c’è decisamente di peggio.


Qatar: espotazioni di GNL e controvalore delle esportazioni di gas


La Via del Gas, dal Caspio all’Adriatico

Corriere - La Via del Gas, dal Caspio all’AdriaticoSegnalo un interessante reportage di Carlo Vulpio dal titolo La Via del Gas, dal Caspio all’Adriatico, realizzato per il Corriere.

Una piacevole cronaca di viaggio dedicata soprattutto all’Azerbaigian e alla sua storia, corredata da 67 foto, di cui alcune bellissime.

Però, forse preso dall’entusiasmo e da qualche fonte un po’ superficiale, quando si parla di energia l’autore prende qualche sbandata. Innanzitutto, le riserve del bacino del Caspio sono grandi (8.000 Gmc), ma corrispondono al 4 e non al 46% del totale mondiale.

Per quanto riguarda l’ipotetica conversione a gas delle centrali a carbone, forse le dinamiche del mercato negli ultimi anni potrebbero spegnere gli entusiasmi. Più in generale, quando si parla di “aumentare l’impiego di metano al posto di carbone, olio combustibile e petrolio”, forse si dimentica che oggi in Italia il vincolo al consumo di gas è nella domanda e non nell’offerta.

Anche pensare che la produzione petrolifera dell’Adriatico e il gas azerbaigiano siano direttamente collegati è quantomeno una forzatura, visto che la netto di ogni altra considerazione, la sostituibilità del petrolio col gas è molto limitata.

Infine, dire che “il gasdotto servirà, con altrettante diramazioni, anche i Paesi balcanici e persino Israele e Iran, che certo non si scambiano affettuosità” significa confodere disinvoltamente produttori e (potenziali) consumatori, in un curioso mix geografico.

Molto condivisibile, invece, è l’attacco in chiusura alle istituzioni locali pugliesi, che avversano dieci chilometri di gasdotto interrato ma hanno consentito lo “scempio [di] eolico e fotovoltaico industriali su vasta scala”. L’ennesima conferma che la politica energetica non può che essere decisa dalle istituzioni centrali.

Corridoio del gas sud-nord: il piano di investimento 2014-2023

South-North Corridor Gas Regional Investment PlanI regolatori di Belgio, Francia, Germania, Italia e Svizzera hanno pubblicato il Piano regionale di investimento 2013-2023. Il documento, coordinato da Snam Rete Gas e Fluxys, è aggiornato ogni due anni e rappresenta un obbligo imposto dal terzo pacchetto energia.

Il piano ricostruisce diversi elementi dello sviluppo del corridoio nord-sud, che collega i tre principali mercati dell’Europa continentale. Il documento analizza infrastrutture, domanda e offerta, sviluppo di nuovi progetti e potenziali criticità dovute e carenze infrastrutturali, utilizzando in particolare l’ENTSOG Network Modelling tool.

Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, le infrastrutture esistenti risultano adeguate. In prospettiva italiana, gli sviluppi attuali sembrano compatibili con la progressiva inversione della capacità di trasporto attraverso la Svizzera, per esportare gas da sud verso nord.

Più in generale, però, risulta utile per capire il contesto un’occhiata alle domande di picco attese: gli operatori di rete di Italia, Germania e Francia si aspettano nel 2023 valori leggermente più bassi di quelli del 2014. Meglio tenerlo a mente, parlando di nuovi sviluppi infrastrutturali.


Picco di domanda gas per il Design Case nella regione (proiezioni 2014–2023)


Cina: dimezzate le stime della produzione di gas da argille

Reuters - UPDATE 1-China finds shale gas challenging, halves 2020 output targetSecondo quanto riportato da Reuters, il governo cinese avrebbe rivisto al ribasso le stime di produzione di gas da argille (shale gas) al 2020. La produzione interna dovrebbe raggiungere i 30 Gmc, invece dei 60 previsti.

A marzo si parlava addirittura di 100 Gmc, ma sono evidentamente emerse difficoltà tecniche e si sta facnedo largo la consapevolezza dell’eccezionalità del caso statunitense. E poi si sa: gli obiettivi dei piani comunisti sono notoriamente “flessibili”.

Anche il nuovo livello di 30 Gmc è tutto sommato ottimistico, considerando che nel 2013 la produzione di gas da argille è stata di 0,2 Gmc. A questi si sono aggiunti 6 Gmc di gas naturale in carbone (coal bed methane) e circa 110 Gmc di gas naturale da giacimenti convenzionali.

Nonostante gli operatori cinesi non badino a spese e Sinopec arrivi a prevedere un costo iniziale a pozzo pari a quattro volte quello dei pozzi statunitensi più economici, i risultati per il momento non sembrano esserci. E occorreranno molti sforzi anche solo per arrivare al livello di 6,5 Gmc previsto dai piani ufficiali per il 2015.

Il livello di 30 Gmc di gas da argille previsto al 2020 è in ogni caso in linea con le previsioni IEA, pari a circa 25 Gmc. A questi si dovrebbero aggiungere circa 20 Gmc di gas in carbone e un circa 130 Gcm da convenzionale.

Il governo di Pechino pone molta fiducia nelle enormi riserve non convezionali di gas da argille (circa 30.000 Gmc tecnicamente recuperabili) per soddisfare almeno in parte l’aumento dei consumi interni, che secondo la IEA dovrebbero arrivare a superare i 300 Gmc nel 2020 e i 460 nel 2030.

È tuttavia probabile che il gas non convenzionale giocherà un ruolo decisivo soprattutto nel prossimo decennio, quando gli operatori cinesi avranno più esperienza e tecnologie più mature. Intanto però saggiamente proseguono i preparativi per aumentare la capacità di importazione e la diversificazione delle fonti, dall’Asia centrale alla Russia, dalla Birmania al GNL.

Aggiornamento: segnalo anche questo articolo dell’Economist sulla questione.