South Stream: firmato il contratto per i tubi

South Stream - EUROPIPE, United Metallurgical Company and Severstal to supply pipes for first line of South Stream’s offshore sectionQuesta volta il passo avanti sembra sostanziale. Il consorzio South Stream ha firmato ieri un accordo per la fornitura di 75.000 tubi da 12 metri, sufficienti a completare la prima linea sottomarina del gasdotto.

I fornitori saranno la tedesca EUROPIPE (50% del totale), e le russe United Metallurgical Company (35%) e Severstal (15%). Il valore della commessa è di circa 1 miliardo di euro.

A differenza della firma dell’opzione per lo spazio di stoccaggio, l’accordo di ieri sembra essere un passo avanti molto più significativo. Il testo dei comunicati è infatti concorde nell’indicare contratti definitivi e non opzioni.

I dettagli dell’accordo non sono noti e quindi potrebbero in teoria includere clausole di varia natura sulla tempistica e su eventuali condizioni di sospensione. Tuttavia, soprattutto dato il coinvolgimeto di EUROPIPE, è difficile immaginare che l’ordine dei tubi sia un bluff.

Anche perché l’azienda tedesca ha già annunciato l’impiego diretto di 700 addetti, più l’indotto. In caso di contenzioso con l’UE sul regime autorizzativo di South Stream, l’interesse del governo tedesco a schierarsi al fianco dei russi è sostanziale.

Nel complesso, dunque, anche se restano forti dubbi sull’economicità dell’investimento rispetto alle alternative, sembra che il passo avanti sia reale e che siano in netto aumento le probabilità che il South Stream diventi una realtà industriale già nel corso di questo decennio.

ps: ora manca giusto l’indicazione di chi poserà i tubi… e Saipem è in prima fila.

South Stream: pre-accordo per lo stoccaggio dei tubi

South Stream - South Stream Transport signed an option agreement for the storage and handling of pipe segments with the Port of Varna and the Port of BurgasIl consorzio South Stream ha annunciato in una nota l’individuazione di tre siti portuali di stoccaggio per i tubi da posare sul fondale. Si tratta del porto di Burgas e dei due porti (est e ovest) di Varna, tutti sulle coste bulgare.

I siti di stoccaggio potrebbero accogliere i 75.000 segmenti di tubo necessari a realizzare le quattro linee previste per il gasdotto. L’orizzonte temporale previsto è 4-6 anni, a decorrere da quest’anno.

Si tratta di un ulteriore passo avanti, dopo il recente annuncio della creazione di un tavolo di lavoro Russia-Ue per superare i problemi relativi al regime autorizzativo del gasdotto.

Analizzando il testo del comunicato, tuttavia, emerge come l’accordo sia semplicemente un option agreement, le aree di stoccaggio siano state solamente identificate e, in generale, «the ports may be used for marshalling yards and related logistics».

Insomma, potrebbe trattarsi di un passo avanti reale ma anche solamente di un altro tassello della strategia comunicativa di Gazprom volta a creare un’impressione diffusa di avanzamento dei lavori più veloce del reale. Tutte e due le ipotesi sono al momento plausibili.

Regno Unito: nuove licenze per il Mare del Nord

Produzione britannica di gas e petrolio (1970-2012)Il governo britannico ha lanciato un nuovo tender per le licenze di sfruttamento degli idrocarburi del Mare del Nord, aprendo nuove aree agli investitori. Due mesi fa il tender precedente ha portato alla concessione di 219 nuove licenze.

Il settore petrolifero è un contributore importante per il fisco britannico: i 36 progetti approvati nel 2013 hanno generato circa 6,5 miliardi di sterline (7,8 mld euro) di gettito e altri 5 miliardi di sterline (6 mld euro) di gettito stimato lungo la filiera. Il settore petrolifero britannico, inoltre, impiega 350.000 lavoratori, di cui quasi la metà in Scozia.

Il settore petrolifero britannico si è sviluppato intorno ai giacimenti del Mare del Nord, che tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta ha conosciuto un vero e proprio boom petrolifero: da 2 Mt nel 1975 a 80 nel 1980, fino al record di 165 nel 1986.

L’industria ha conosciuto una seconda giovinezza negli anni Novanta con il gas naturale, passato da una produzione intorno ai 40 Gmc negli anni Ottanta a 76 Gmc nel 1995, fino al record di 116 Gmc nel 2000.

Il declino nel primo decennio del secolo è stato rapido: la produzione aggregata di gas e petrolio è infatti passata dal record di 227 Mtep del 1999 a 82 Mtep nel 2012. Per trovare un livello tanto basso, occorre tornare indietro fino al 1978. E i dati preliminari relativi al 2013 indicano un’ulteriore contrazione del 10%.

A differenza di altri governi europei che preferiscono aumentare la pressione fiscale per sussidiare le rinnovabili, il governo britannico sembra dunque deciso a sostenere la ripresa economica anche sfruttando le riserve presenti nel sottosuolo del Paese e puntando all’efficienza nei consumi.

Fortemente ridotte le importazioni di gas dall’Algeria

Importazioni di gas dall'AlgeriaSecondo i dati di SRG, le importazioni di gas dall’Algeria hanno fatto registrare negli ultimi giorni un forte rallentamento, crollando ieri a 8 Mmc, contro i 33 Mmc di una settimana prima.

Come riporta SQ, la brusca riduzione dei quantitativi nominati sarebbe dovuta a una non conformità del gas algerino agli standard di qualità di SRG. In particolare, il gas sarebbe troppo umido.

La riduzione di questi giorni avviene rispetto a livelli già particolarmente bassi, a causa della temporanea contrazione delle importazioni del gas algerino di Sonatrach, concordata l’anno scorso.

In termini di sicurezza, l’impatto di una completa interruzione dei flussi dall’Algeria sarebbe in realtà limitato perché la domanda complessiva è molto bassa (ieri, 168 Mmc ieri).

Tuttavia, la capacità di importazione del gasdotto Transmed (97 Mmc/g conferibili) rappresenta quasi il 30% della capacità conferibile della rete nazionale. Anche se ora per ragioni congiunturali le conseguenze di un’interruzione sono ampiamente gestibili, un prolungarsi della situazione attuale, magari per ragioni non meramente estemporanee, rappresenterebbe un fattore di rischio, rendendo la rete nazionale eccessivamente dipendente dalle altre infrastrutture esistenti.

Aggiornamento: oggi (24/02), la situazione sta tornado verso la normalità, confermado la natura episodica della riduzione dei flussi di questa settimana.

Gazprom Export e le esportazioni verso l’Italia

Gazprom ExportGazprom Export (GE) ha diffuso nei giorni scorsi i dati relativi alle esportazioni nel 2013. Secondo le statistiche fornite, i volumi venduti dall’società all’Italia sono stati pari a 24,1 Gmc, in metto aumento rispetto ai 14,3 Gmc del 2012 (+9,6 Gmc) [a 39 MJ/mc]. E nonostante una contrazione assoluta del mercato italiano pari a 4,8 Gmc (-7%).

Si tratta di una crescita molto forte (+68%), imputabile al recupero di volumi sui contratti take-or-pay. L’aumento è stato consentito dalla parallela e temporanea riduzione dei flussi in arrivo dall’Algeria (-8 Gmc), in seguito alle rinegoziazioni dei contratti con Sonatrach, dalla riduzione delle importazioni dal Nord Europa (-1,5 Gmc) e dalla fermata del rigassificatore di Panigaglia (-1 Gmc). Tutte in larga misura operazioni di gestione del portafoglio da parte di Eni.

L’aumento delle vendite di GE non corrisponde tuttavia a un identico aumento delle importazioni dalla Russia. Secondo di dati del MiSE e di SRG, infatti, le importazioni di gas in ingresso al Tarvisio sono sì aumentate, ma “solo” di 6,3 Gmc, passando da 23,3 a 29,6 Gmc (+27%).

La differenza è dovuta al fatto che non tutte le importazioni di gas russo in Italia avvengono direttamente attraverso GE. La provenienza fisica del gas in ingresso al Tarvisio è la Federazione Russa e Gazprom ha il monopolio sulle esportazioni via tubo dal Paese. Lungo il tragitto, tuttavia, parte del gas è ceduto ad altre società.

Incrociando dunque i dati degli ingressi al Tarvisio con quelli diffusi da GE, emerge come nel 2012 il gas contrattualmente appertenente a GE abbia rappresentato il 61% dei volumi di gas russo. Nel 2013, invece, la quota di GE sul gas in ingresso al Tarvisio è cresciuta fino all’81%, spiegando così la cifra record presente nei comunicati ufficiali.

 

La presenza cinese nel settore energetico ucraino

Interscambio Ucraina-Cina (merci, mld dollari, UNCTAD) (2002-2012)La partita del settore energetico ucraino ha visto negli ultimi anni un crescente coinvolgimento del governo cinese, che senza clamore mediatico e sotto lo sguardo attento di Mosca sta ampliando la propria presenza in Ucraina.

Secondo quanto riportato da fonti ufficiali, nel dicembre 2012 la China Development Bank Corporation ha aperto una linea di credito a Naftogaz per 3,7 miliardi di dollari per un programma di produzione di gas da carbone. L’avvio della costruzione dell’impianto necessario è previsto per settembre di quest’anno.

L’impianto dovrebbe consentire la produzione di 4 Gmc all’anno di gas sintetico, assorbendo circa 10 milioni di tonnellate di carbone, di cui l’Ucraina è un grande produttore, soprattutto nella regione orientale (e più filorussa) del Paese. Il costo di produzione dichiarato sarebbe di 225-230 dollari ogni mille metri cubi.

L’accordo col governo di Pechino prevede naturalmente un grande coinvolgimento industriale cinese: la tecnologia per la produzione dell’impianto sarà fornita dalla Wuhuan Engineering, una sussidiaria della China National Chemical Engineering Corporation.

La presenza cinese non è certo una novità per il settore industriale ucraino, ma la crescita dell’interscambio tra i due Paesi, il raffreddamento delle relazioni con l’Europa e il buon andamento delle relazioni russo-cinesi potrebbero aprire la strada a nuovi sviluppi.

Per approfondire: il foglio elettronico coi dati realtivi all’interscambio commerciale tra Ucraina e Cina.