L’offensiva russa

FT - Russia targets EU in WTO suit over energy policyLa Federazione Russa ha richiesto una consultazione formale con l’UE per violazione degli accordi del WTO.

Il governo russo contesta alla controparte europea di aver penalizzato alcune aziende russe come misura anti-dumping, in particolare nei settori dei fertilizzanti, dei tubi di acciaio e della produzione di acciaio e alluminio.

La misure sono state adottate da Bruxelles sulla base del costo ridotto dell’energia di cui godono le aziende russe, grazie alle politiche industriali di Mosca.

Il contenzioso è una risposta ai dazi imposti dalla Russia ai veicoli stranieri. Quest’ultima è ufficialmente una misura di protezione ambientale, ma secondo le accuse della Commissione sarebbe in realtà una misura di protezionismo a favore delle aziende russe.

Ora le parti hanno 60 giorni per dirimere la questione in modo bilaterale. In caso di insuccesso, il caso sarà portato davanti a un panel creato dal WTO per giudicare sulla questione.

La mossa russa rientra nel quadro della più ampia contrapposizione con la Commissione Europea, sia per la questione ucraina sia per la questione del ruolo di Gazprom nel mercato europeo.

Restano infatti pendenti sia il dossier relativo all’abuso di posizione dominante e alla restrizione della concorrenza in Europa Orientale, sia la questione dei procedimenti autorizzativi di South Stream.

La visita del presidente Putin di fine gennaio si preannuncia ricca di impegni.

Gas Politics After Ukraine

Brenda Shaffer - Gas Politics After Ukraine. Azerbaijan, Shah Deniz, and Europe's Newest Energy Partner Segnalo un’analisi di Brenda Shaffer pubblicata su Foreign Affairs col titolo Gas Politics After Ukraine. Azerbaijan, Shah Deniz, and Europe’s Newest Energy Partner.

La firma è di livello, ma il pezzo ha parecchi limiti: il contributo statunitense (a differenza del BTC) è stato marginale mentre la funzione principale delle istituzioni europee è stata quella di fare schiamazzo mentre le compagnie e i governi facevano il lavoro. Washington dista quasi 10.000 km, e si sentono tutti.

Un passaggio brilla poi per indifferenza rispetto alla realtà: nonostante abbia indicato che il gas azerbaigiano darà un contributo modesto in termini di volumi, si lascia andare a scrivere che «[the] interconnecting gas pipelines in Europe, filled with Azerbaijani gas, will ensure that Russia can no longer switch off the heat in eastern Europe and the Caucasus on a whim».

A quanto pare, l’idea che Gazprom voglia e soprattutto possa davvero tagliare le forniture ai propri clienti in Europa per oscuri ricatti politici va ancora di moda. Ma forse qui siamo nel reame del giudizio di valore (e mi taccio).

Per quanto riguarda però il Caucaso, è da un po’ che la Russia ha smesso di esportare gas in Georgia (almeno, nella parte non occupata). Quanto poi alla distanza che separa la Bulgaria dalla Slovacchia e dalle Repubbliche del Baltico, rimando invece a Google Maps

Shah Deniz II: firmata la decisione finale d’investimento

ZOOM - Shah Deniz - nuova composizione azionaria (2014)Oggi i soci del consorzio Shah Deniz hanno firmato la decisione finale d’investimento relativa alla seconda fase, quella che fornirà il gas naturale destinato a raggiungere il mercato italiano.

L’investimento riguarda le attività di produzione e l’estensione del South Caucasus Pipeline fino al confine tra Georgia e Turchia, per una spesa preventivata in 28 miliardi di dollari. La nuova produzione attesa è di 16 Gmc/a, di cui 6 destinati alla Turchia, 1 alla Grecia, 1 alla Bulgaria e 8 all’Italia.

La decisione finale d’investimento era attesa da mesi ed era stata posticipata più volte a causa negoziazioni tra i soci sull’investimento, con contrapposizioni in particolare tra la compagnia di stato azerbaigiana Socar e l’operatore del consorzio, la britannica BP.

A sorpresa, cambia la composizione azionaria: dal 2014, Statoil scenderà dal 25,5% al 15,5%, incassando 1,45 miliardi di dollari. A salire sarà la partecipazione di BP (al 28,8%) e quella di Socar (al 16,7%). Le altre quote restano invece invariate: Total (10%), Lukoil (10%), NICO (10%), TPAO (9%).

In seguito alla firma di oggi vengono meno tutte le incertezze relative al progetto e si attendono ora le (inevitabili) decisioni finali d’investimento relative a TANAP e TAP. Restano ora sul tavolo solo i dubbi relativi all’effettiva tempistica di arrivo sul mercato italiano: ufficialmente il 2019, probabilmente il 2020.

Aggionamento: secondo quanto riportato da FT, Statoil e Total si sono tirate indietro dal progetto TANAP, nel quale avrebbero dovuto rilevare quote pari rispettivamente al 12% e al 5%. L’accordo finale sulle quote non è ancora stato raggiunto, ma il governo azerbaigiano dovrebbe in ogni caso mantenere una quota di almeno il 51%.

Quanto è lontano il Levante

Quanto è lontano il LevanteLo sfruttamento del gas presente nei giacimenti del Mediterraneo orientale è una questione complessa e piuttosto delicata. La coltivazione di giacimenti sottomarini e la costruzione di infrastrutture di esportazione richiedono infatti grandi investimenti (nell’ordine dei miliardi di dollari), che gli operatori internazionali e gli istituti di credito sono pronti a fare solo se esiste una ragionevole certezza che i rischi di natura politica – se non direttamente militare – non siano troppo alti.

Partendo da queste premesse, difficilmente può venire in mente un posto peggiore delle coste orientali del Mediterraneo.

Tuttavia, trattandosi di giacimenti in mare, diversi operatori hanno deciso di accettare la sfida e avviare le operazioni di espolorazione e di estrazione. Il giacimento Tamar (250 Gmc; fonte: BMI) è già in produzione e arriverà a regime (4 Gmc/a) nel 2017, anno in cui dovrebbe anche inziare la produzione di Leviathan (530 Gmc; 16 Gmc/a). Gli altri giacimenti sono invece di piccole dimensioni oppure sono in fase di prospezione.

In totale, nel corso del decennio si avrà realisticammente una produzione non oltre i 20 Gmc/a, di cui il 40% deve andare per legge al mercato interno israeliano. Si parla dunque al massimo di 12 Gmc/a disponibili per l’esportazione in tempi relativamente certi.

Anche al netto dei problemi politici di definire una rotta (Turchia? Cipro?), non ci sono al momento i presupposti per avere un volume di esportazione tale da ripagare l’investimento di una condotta sottomarina (le stime arrivano a oltre 20 miliardi di dollari).

Molto più fattibile invece l’ipotesi di costruire un terminale di liquefazione (galleggiante o a terrra), che tra l’altro consentirebbe di dirigere i carichi sui mercati più remunerativi, ossia tendenzialmente su quelli asiatici, ma senza rinunciare a ogni altra opzione, Europa inclusa: a decidere è il prezzo (che peraltro attualmente si aggira intorno ai 40 centesimi di dollaro al metro cubo). Per gli operatori, in ogni caso la priorità resta  quella di coprire gli investimenti.

Si arriva così a un punto delicato: sebbene qualcuno sostenga il contrario, le eventuali esportazioni del gas del Mediterraneo Orientale verso i mercati europei avrebbero un impatto marginale (per non dire nullo). A fronte di importazioni attuali di 300 Gmc/a e attese a 350 Gmc/a al 2020 (fonte: IEA), 12 Gmc/a non farebbero di certo la differenza, soprattutto se paragonati con gli oltre 120 Gmc/a russi e i 100 Gmc/a norvegesi.

Nota: per chi volesse approfondire la questione del corridoio mediterraneo orientale, segnalo l’interessante nota di lavoro di Simone Tagliapietra (Towards a New Eastern Mediterranean Energy Corridor?) e la seconda sezione del Focus Sicurezza Energetica, a cura di Carlo Frappi.

Aggiornamento: John Roberts suggerisce anche la possibilità di utilizzare la tecnologica di compressione del gas senza liquefazione.

Focus sicurezza energetica – Q2 2013

Focus Sicurezza Energetica - Q2 2013È stato reso pubblico il focus sulla sicurezza energetica relativo al periodo luglio/settembre 2013 realizzato per l’Osservatorio di Politica Internazionale (Senato, Camera e MAE).

Il primo capitolo del Focus è dedicato all’analisi del fabbisogno di gas nei principali mercati europei, con specifico riferimento al difficile contesto della generazione termoelettrica da gas e alla composizione dell’approvvigionamento di gas dei principali Paesi europei.

Il secondo capitolo è invece dedicato all’offerta e, nello specifico, alle politiche dei Paesi produttori di gas naturale e dei Paesi di transito dei gasdotti attualmente in funzione o in fase di progettazione/realizzazione. Ai recenti sviluppi del sistema di infrastrutture di trasporto e alle prospettive di realizzazione di nuovi progetti è poi dedicato il terzo capitolo.

Infine è presente un approfondimento di Veronica Venturini dedicato alla Lisbon Stratergy e alla valutazione in itinere del raggiungimento degli obiettivi 20-20-20.

La Cina espande la capacità di importazione

Burma-China gas pipelineNel mese di ottobre è diventato operativo il gasdotto che collega la Birmania alla Cina. L’infrastruttura parte dal porto birmano di Kyaukpyu e finisce nella citta cinese di Guigang, nella provincia di Guizhou, per una lunghezza complessiva di 2.500 km (di cui 1,700 in territorio cinese).

L’infrastruttura ha una capacità annua di 12 Gmc, pari al 30% delle importazioni cinesi correnti (2012). Il gasdotto permette inoltre di raggiungere una parte del Paese troppo distante dall’altra grande fonte di gas importato via tubo, il Turkmenistan (circa 20 Gmc all’anno, in espansione fino  65 Gmc nei prossimi anni).

Il nuovo gasdotto è parte di una strategia più ampia del governo cinese per far fronte alla crescente domanda di gas naturale. I consumi nel 2012 sono stati di 154 Gmc, ma secondo la IEA il consumo dovrebbe arrivare a 307 Gcm nel 2020 e a 469 nel 2030.

La produzione interna, pur in crescita, non dovrebbe essere in grado di tenere il passo della domanda, con un conseguente aumento delle importazioni da 39 Gmc nel 2012 a 129 Gmc nel 2020 fino a 203 Gmc nel 2030.

La strategia messa in campo per soddisfare questa domanda prevede diverse misura. Accanto al nuovo gasdotto birmano e al potenziamento del Central Asia Pipeline dal Turmenistan, sono infatti previsti un aumento della capacità di rigassificazione e la ricerca di un accordo definitivo con la Russia per uno o due nuovi gasdotti.