Segnalo un approfondimento di Rigzone dedicato all’impatto sul settore oil&gas dell’Internet delle cose, ossia il fenomeno per cui anche gli oggetti sono online con un indirizzo univocono e possono scambiarsi informazioni, aggregarle e – se programmati – agire di conseguenza. Un po’ come i sensori del traffico che avvertono il navigatore di cambiare il percoso sulla mappa, per avere un esempio, ma magari con in più il fatto che a guidare la macchina sia direttamente il navigatore.
Per il settore petrolifero, le potenzialità sono enormi. L’Internet delle cose è un’evoluzione dei sistemi SCADA, ossia l’insieme dei sensori nelle macchine coinvolte nei proocessi produttivi, diffusi ormai da decenni.
Il primo e più evidente impatto è la riduzione della necessità di personale qualificato in aree remote, con la conseguente riduzione dei costi. In secondo luogo, avere sensori al posto degli umani riduce i rischi di errori e consente di raggiungere livelli di sicurezza più alti per il personale. Infine, l’utilizzo di sistemi sempre più “intelligenti” e automatizzati consente di aumentare l’efficienza dell’intera produzione.
Oltre alla capacità dei sensori di dialogare e interagire tra loro, a distinguere la diffusione dell’Internet delle cose c’è la capacità dei sistemi di elaborare informazioni per creare una mappatura di fenomeni complessi e reagire per adattarsi senza bisogno di intervento umano diretto.
Per raggiungere queste capacità è tuttavia indispensabile un’enorme potenza di calcolo e di gestione dei flussi di dati che si sta raggiungendo solo ora grazie al cloud computing. Le prospettive di miglioramento della produttività sono enormi e largamente inesplorate, un po’ come quando furono introdotti i motori a vapore o l’elettricità nelle attività industriali. Questa volta l’industria petrolifera avrà bisogno di qualche ingegnere in meno e di qualche informatico in più.
Un’ultima considerazione: la diffusione dell’Internet delle cose porta con sé anche una nuova generazione di rischi per la sicurezza. La completa digitalizzazione delle operazioni e dei meccanismi di controllo apre infatti la strada a potenziali intrusioni non rilevate, con sottrazione di informazioni o azioni ostili in remoto che possono perfino sfuggire completamente alle capacità di monitoraggio umane. Aziende e servizi di sicurezza dovranno fare i conti tempestivamente con questa realtà, prima di doverne pagare le conseguenze sul campo.