Sono disponibili qui le slides relative alla lezione dal titolo «The Italian Natural Gas Market: an Overview», tenuta online presso il Caspian Strategy Institute di Istanbul il 12 maggio 2014.
Sono disponibili qui le slides relative alla lezione dal titolo «The Italian Natural Gas Market: an Overview», tenuta online presso il Caspian Strategy Institute di Istanbul il 12 maggio 2014.
South Stream ha comunicato nei giorni scorsi la firma di un memorandum tra Gazprom e l’austriaca OMV che prevede l’arrivo all’hub di Baumgarten di 32 Gmc di gas all’anno, pari alla metà dei volumi trasportati dal nuovo gasdotto.
L’annucio segna l’ennesimo aggiornamento del tracciato via terra del gasdotto, variato anche in funzione del variare degli allineamenti tra i Paesi balcanici e la Russia negli ultimi anni.
Nella nuova versione il gas russo attraverserà la Bulgaria, la Serbia, l’Ungheria e arriverà in Austria. Esce così ridimensionato essenzialmente l’ipotetico ruolo della Slovenia, attraverso cui si era dichiarato di voler far passare il grosso dei volumi diretti in Italia.
L’annuncio ha fatto parlare di marginalizzazione dell’Italia, in seguito al mancato sostegno di Roma al gasdotto in vista del prossimo G8-1. Guardando più da vicino la questione, non sembrano però esistere i presupposti affinché l’Italia sia esclusa.
L’obiettivo di Gazprom è portare sui mercati dell’Europa occidentale il gas russo senza dipendere la transito in Ucraina. Questo obiettivo è stato in gran parte raggiunto rispetto al primo mercato europeo del gas russo, la Germania (Nord Stream), ma non rispetto al secondo, l’Italia.
Numeri alla mano, le importazioni italiane di gas russo sono in media tra i 20 e i 25 Gmc all’anno, tutti in transito dall’Ucraina. Per raggiungere i piani di Gazprom (tralasciamo la questione regolatoria), un terzo della capacità di South Stream servirà a rifornire il mercato italiano, a prescindere dal tracciato che seguirà per reggiungerlo.
Giova anche ricordare che dall’hub di Baumgarten transitano già oggi tutti i volumi diretti in Italia e in ingresso sulla nostra rete al Tarvisio. Per gli approvvigionamenti italiani, il “nuovo” tracciato non cambia assolutamente nulla rispetto alla situazione attuale, se non che i flussi saranno più affidabili, non passando dall’Ucraina.
Anche sul piano industriale continua peraltro la partecipazione italiana al progetto. Dopo essersi aggiudicata la posa della prima linea per 2 miliardi di euro, Saipem ha siglato anche un contratto per fornire 400 milioni di euro di servizi a Allseas, che poserà la seconda linea.
Segnalo la pubblicazione da parte della DG per le risorse minerarie ed energetiche del MiSE del Rapporto annuale 2014.
Il rapporto è un’utile collezione di dati relativi alle esplorazioni, produzioni e riserve di idrocarburi in Italia. Il documento copre anche le questioni relative alle royalties, alla struttura della DG e alle attività di monitoraggio nazionale e internazionale.
Riproduco un’interessante immagine che illustra l’andamento della produzione di gas naturale in Italia. Si tratta della nota tendenza alla contrazione della base produttiva nazionale: un dato che ormai si considera a pieno titolo strutturale.
Tuttavia, guardando al piano decennale di Snam Rete Gas, si scopre che per il breve periodo (2017) è previsto un piccolo rimbalzo a 9 Gmc nel 2017, seguito però da una contrazione a 6,5 Gmc nel giro di pochi anni (2023), probabilmente irreversibile.
Magari senza fretta, ma aumentare e diversificare la capacità di importazione sembra essere una necessità nel progettare il futuro del sistema italiano.
Il gas naturale russo rappresenta un elemento essenziale del paniere energetico europeo e la rete ucraina è indispensabile per garantire la stabilità dei flussi di Gazprom diretti verso i clienti europei.
In un paper pubblicato dall’Istituto Italiano di Studi Stategici “Niccolò Machiavelli” ho cercato di ricostruire la situazione del settore gas in Ucraina, l’importanza del Paese per i flussi di esportazione e le possibili evoluzioni della situazione nei prossimi mesi.
Tra le conclusioni, la più rilevante è che i decisori politici ucraini abbiano un interesse ad accelerare i tempi di un’eventuale crisi per poterne scaricare in pieno gli effetti sui Paesi dell’Europa orientale e quindi favorire un maggiore impegno finanziario europeo e internazionale.
Una seconda conclusione particolarmente importante è che i rischi per la sicurezza energetica italiana sono limitati, giacché il sistema di approvigionamento nazionale è ben diversificato e la domanda finale è in questi anni particolarmente ridotta.
Il paper si intitola La crisi ucraina e il transito di gas russo verso l’Europa ed è scaricabile qui.
Aggiornamento: segnalo che nella tabella di pagina XI è presente un refuso: i nomi dei Paesi della colonna di sinistra sono sfalsati di una riga (i valori della prima riga sono relativi alla Bulgaria, della seconda alla Slovacchia, della terza all’Ungheria e della quarta all’Ucraina).
La situazione in Ucraina rimane difficile e l’UE e gli Stati Uniti hanno avviato simboliche sanzioni contro soggetti russi e ucraini protagonisti della secessione della Crimea e della sua successiva annessione alla Federazione Russa.
Nel frattempo, aprile si avvicina e con esso la fine dello sconto concesso da Gazprom a Naftogaz sulle forniture di gas destinate al mercato interno ucraino. Il rischio di contenzioso sulle morosità di Naftogaz (2 miliardi di dollari, al momento) è reale e potrebbe portare a un’interruzione delle forniture.
Nonostante la diversificazione degli ultimi decenni, la rete ucraina resta indispensabile all’Europa occidentale per mantere i livelli di importazione dalla Russia. Almeno fino a quando il gasdotto South Stream non dovesse diventare operativo. A quel punto, il gas russo potrebbe arrivare in UE e Turchia senza dipendere dall’Ucraina, ma la sua realizzazione (la prima linea dovrebbe essere operativa da fine 2015) sembra incerta.
La crisi in Ucraina ha spinto a un’accelerazione da parte russa e ha portato a un passo dall’avvio dei lavori. Nonostante gli alti costi, Gazprom è infatti determinata a non dover più dipendere dalla collaborazione di Kiev per raggiungere i propri clienti. I contratti per i tubi e per la posa della prima linea sono già stati firmati, rispettivamente da aziende tedesche e italiane.
Resta però aperta la partita fodamentale, quella dello scontro tra Gazprom e la Commissione Europea, che vuole un’apertura del gasdotto alla concorrenza e contesta gli accordi bilaterali coi Paesi UE di transito. E che in clima di sanzioni potrebbe mettersi ancora più di traverso.
Pessimista in merito anche Paolo Scaroni, che in un’intervista ha detto che il futuro del gasdotto è fosco, a causa delle tensioni tra UE e Russia. Le parole del (probabilmente uscente) ad di Eni pesano, ma molto resta ancora da decidere e in buona parte dipenderà dall’evoluzione dei rapporti tra Kiev e Mosca.
Alzi la mano chi non ha sentito dire almeno una volta che il costo dell’energia è uno dei grandi ostacoli alla competitività delle nostre imprese. A quanto pare, è un falso mito e a spiegarci perché sono Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, nel post Il grande bluff del costo dell’energia.
Numeri alla mano, gli autori mostrano che i grandi energivori in realtà pagano prezzi dell’energia elettrica assolutamente competitivi a livello europeo, mentre le piccole e medie imprese che pagano di più l’energia elettrica, in realtà ne consumano così poca (in rapporto al fatturato) da non incidere in modo determinante sulla loro competitività.
Gli autori si dedicano all’elettricità, ma un discorso simile vale anche per il gas, come avevamo già visto qui a novembre dell’anno scorso. Per inciso, un plauso al ruolo di Eurostat nel garantire (perfino in Italia) un dibattito basato sui numeri e non sui sentito dire.
Bel post molto utile, da leggere e diffondere. Non concordo però con le conclusioni, perché se è vero che quello del caro-energia è un bluff che giustamente si smonta coi numeri, anche il fatto che le rinnovabili sussidiate siano in assoluto un grande investimento “in futuro” è davvero tutto da dimostrare.