Focus sicurezza energetica – Q4 2013

Osservatorio di Politica Internazionale - Focus sicurezza energetica - Q4 2013È stato reso pubblico il focus sulla sicurezza energetica relativo al periodo ottobre/dicembre 2013 realizzato per l’Osservatorio di Politica Internazionale (Senato, Camera e MAE).

Il primo capitolo del Focus è dedicato all’analisi del fabbisogno di gas nei principali mercati europei, con specifico riferimento al difficile contesto della generazione termoelettrica da gas e alla composizione dell’approvvigionamento di gas dei principali Paesi europei.

Il secondo capitolo è invece dedicato all’offerta e, nello specifico, alle politiche dei Paesi produttori di gas naturale e dei Paesi di transito dei gasdotti attualmente in funzione o in fase di progettazione/realizzazione. Ai recenti sviluppi del sistema di infrastrutture di trasporto e alle prospettive di realizzazione di nuovi progetti è poi dedicato il terzo capitolo.

Il focus è completato da due approfondimenti del sottoscritto dedicati rispettivamente al TAP e al South Stream.

Il settore elettrico in Italia nel 2013

Assoelettrica - I dati congiunturali del settore elettrico italianoSegnalo la pubblicazione da parte di Assoelettrica dei dati relativi all’andamento del settore elettrico in Italia nel 2013. Si tratta di un lavoro particolarmente utile di riordino dei dati disponibili attraverso le diverse fonti.

I consumi elettrici nel 2013 sono diminuiti del 3,4% rispetto al 2012, attestandosi a 296.852 GWh. La produzione elettrica è stata di 277.380 GWh (-3,6%), di cui 1.734 GWh destinati ai pompaggi. La differenza è stata coperta grazie alle importazioni, soprattutto da Francia e Svizzera, tendenzialmente stabili.

Guardando alla composizione della produzione, è andata molto bene la generazione da rinnovabili (108.894 GWh). Torna soprattutto a crescere l’idroelettrico (50.781 GWh, +22,9%), seguito dal fotovoltaico (22.146 GWh, +18,9%), dalle biomasse (15.777 GWh, +34,6%), dall’eolico (14.886 GWh, +11,6%) e dalla geotermia (5.305 GWh, +1%).

Male invece la generazione da fossili (166.751 GWh), soprattutto il gas naturale (104.151 GWh, -15,3%), che in termini assoluti si contrae da solo in misura analoga a tutto l’aumento delle rinnovabili (-18.813 GWh). Segno negativo anche per il carbone (41.089 GWh, -6,2%) e per gli oli combustibili e gli altri fossili (21.511 GWh, -25,4%).

La debolezza della domanda ha spinto verso il basso i prezzi, ma praticamente senza benefici per le bollette, visto che i costi di rete sono aumentati, soprattutto a causa dell’impatto delle rinnovabili sussidiate. Che hanno assorbito sempre più soldi: 11,2 miliardi di euro nel 2013, ben 1,6 miliardi in più rispetto al 2012. Il solo aumento è stato quindi pari a quasi quattro mini-IMU, con buona pace degli italiani.

Gazprom Export e le esportazioni verso l’Italia

Gazprom ExportGazprom Export (GE) ha diffuso nei giorni scorsi i dati relativi alle esportazioni nel 2013. Secondo le statistiche fornite, i volumi venduti dall’società all’Italia sono stati pari a 24,1 Gmc, in metto aumento rispetto ai 14,3 Gmc del 2012 (+9,6 Gmc) [a 39 MJ/mc]. E nonostante una contrazione assoluta del mercato italiano pari a 4,8 Gmc (-7%).

Si tratta di una crescita molto forte (+68%), imputabile al recupero di volumi sui contratti take-or-pay. L’aumento è stato consentito dalla parallela e temporanea riduzione dei flussi in arrivo dall’Algeria (-8 Gmc), in seguito alle rinegoziazioni dei contratti con Sonatrach, dalla riduzione delle importazioni dal Nord Europa (-1,5 Gmc) e dalla fermata del rigassificatore di Panigaglia (-1 Gmc). Tutte in larga misura operazioni di gestione del portafoglio da parte di Eni.

L’aumento delle vendite di GE non corrisponde tuttavia a un identico aumento delle importazioni dalla Russia. Secondo di dati del MiSE e di SRG, infatti, le importazioni di gas in ingresso al Tarvisio sono sì aumentate, ma “solo” di 6,3 Gmc, passando da 23,3 a 29,6 Gmc (+27%).

La differenza è dovuta al fatto che non tutte le importazioni di gas russo in Italia avvengono direttamente attraverso GE. La provenienza fisica del gas in ingresso al Tarvisio è la Federazione Russa e Gazprom ha il monopolio sulle esportazioni via tubo dal Paese. Lungo il tragitto, tuttavia, parte del gas è ceduto ad altre società.

Incrociando dunque i dati degli ingressi al Tarvisio con quelli diffusi da GE, emerge come nel 2012 il gas contrattualmente appertenente a GE abbia rappresentato il 61% dei volumi di gas russo. Nel 2013, invece, la quota di GE sul gas in ingresso al Tarvisio è cresciuta fino all’81%, spiegando così la cifra record presente nei comunicati ufficiali.

 

L’asse franco-tedesco dell’energia: i dubbi

Le Figaro - Hollande propose un «Airbus franco-allemand de l'énergie»Nella conferanza stampa del 14 gennaio, il Presidente Hollande ha proposto un asse franco-tedesco per l’energia. La StaffettaQuotidiana ha interpretato la proposta come un’alleanza di piccole e medie imprese dei due Paesi, da costruire intorno all’Office franco-allemand pour les énergies renouvelables.

L’Office è una struttura intergovernativa creata l’estate scorsa dagli omologhi Delphine Batho e Peter Altmaier, in realtà poco più di un’esperienza simbolica, destinata soprattutto allo scambio di informazioni. Nel frattempo, i due sono stati tra l’altro sostituti da Philippe Martin e da Barbara Hendricks e non si sono registrati particolari passi avanti.

In più, secondo Reuters, EDF e E.On non sarebbero stati ufficialmente interpellati da parte dell’Eliseo sull’iniziativa ipotizzata da Hollande. A riprova del fatto che se qualcosa si sta muovendo, non riguarda (almeno ufficialmente) i giganti.

Eppure Le Figaro ricorda la cooperazione tra Framatom e Simens per la realizzazione del reattore EPR e si interroga sulla reale portata delle dichiarazioni di Hollande. D’altronde, coi suoi 56 miliardi di fatturato, Airbus è senza dubbio un termine di paragone piuttosto ambizioso.

Qualche chiarimento dovrebbe arrivare il 19 febbraio, in occasione del prossimo Consiglio dei ministri franco-tedesco. Quando si capirà se Hollande ha lanciato un ballon d’essai o se ha fatto riferimento a un progetto più avanzato. Intanto, purtroppo una cosa è certa: l’Italia continua a non essere un partner attraente.

Hollande: un asse franco-tedesco nell’energia

François Hollande - Ouverture de la conférence de presse du président de la République au Palais de l’Élysée le 14 janvier 2014«Dobbiamo coordinarci per la transizione energetica. Questa è una grande scommessa per l’Europa. Ma noi, la Francia e la Germania, dobbiamo dare l’esempio […] nella costituzione delle filiere industriali comuni per la transizione energetica.

Siamo molto fieri dei risultati di Airbus, una grande impresa franco-tedesca […]. L’idea è quella di fare una grande impresa franco-tedesca per la transizione energetica».

C’è molta retorica nelle parole di Hollande, ma il progetto politico è chiaro (leggere o ascoltare per credere): l’integrazione europea deve essere in realtà un’integrazione franco-tedesca, con buona pace dei Paesi periferici.

E il Presidente cita tre punti chiave: stato sociale, difesa e energia. E proprio al modello industriale della difesa (Airbus) guarda la proposta francese: un campione franco-tedesco, tanto grande da puntare a dominare il mercato europeo e competere a livello globale.

E non rischiare noie dalla Commissione europea, che notoriamente ha un’avversione per i campioni nazionali e per uno Stato troppo interventista (invidia…?). Ma che dovrebbe ancora una volta arrendersi di fronte a una volontà comune franco-tedesca.

Nei fatti, è difficile dire a cosa potrebbe portare la proposta. Perché se dal lato francese è naturale guardare a EDF, su quello tedesco la frammentazione tra grandi operatori (E.on, RWE) e la limitata partecipazione pubblica (in mano a comuni e enti locali, peraltro) rendono davvero difficile trovare un referente. E immaginare uno sviluppo industriale a breve.

Eppure Hollande ha tracciato chiaramente una linea e ha toccato (direttamente o indirettamente) alcuni punti chiave per il governo tedesco: la transizione energetica, lo sviluppo di una filiera industriale di scala credibile, la difesa dei sussidi agli energivori di fronte agli obiettivi ambientali (e alle audaci iniziative del Parlamento europeo).

Se si andrà in quella direzione, l’effetto sarà un’ulteriore marginalizzazione dell’Italia, ridotta ancora di più a mercato finale dove esportare tecnologia. E degli operatori italiani, ai quali si è impunemente impedito l’ingresso in grande stile su alcuni mercati e che certo non avrebbero vita facile a competere con una crescente ingerenza pubblica franco-tedesca.

Insomma, anche se per ora non stiamo parlando di fusioni in vista, il cuore del messaggio è chiaro: finché si tratta di imporre la concorrenza sui mercati periferici (e noi lo siamo, uh se lo siamo), tutti europeisti. Ma quando si tratta fare politica industriale, c’è chi sembra avere le idee molto chiare. Se a Roma c’è un governo, batta un colpo.

Royalties 2013: oltre 400 milioni

Royalties per la produzione di idrocarburi per anno contabile (2008-2013)Nonostante la forte dipendenza da importazioni, l’Italia resta un discreto produttore di idrocarburi. Da queste attività, spesso combattute a parole, gli amministratori locali e nazionali ricavano però un gettito tutt’altro che trascurabile, anche se spesso taciuto.

Secondo i dati appena pubblicati dal MiSE, il gettito delle royalties per l’anno contabile 2013 è stato di 420 milioni di euro. Di questi, 32 sono andati ai comuni, 195 sono andati alle regioni e 192 sono andati allo Stato.

Un record, certo. Ma anche negli anni precedenti non è andata male: tra il 2008 e il 2013, il gettito complessivo è stato di quasi 1,7 miliardi di euro. Di questi, 134 sono andati ai comuni, 860 alle regioni e 703 allo Stato.

Per approfondire: il foglio elettronico coi dati.