South Stream: retirement of a pipeline?

South Stream: evolution of a pipelineNon è andata molto bene a Natural Gas Europe, che ieri ha organizzato ieri a Milano una confererenza dal titolo South Stream: evolution of a pipeline.

Come detto, tra gli ospiti nel programma, tanti nomi italiani che contano: da Paolo Scaroni (ad Eni) a Maurizio Lupi (Ministro delle infrastrutture), da Roberto Maroni (Presidente della Lombardia) a Gianni Pittella (vice-presidente del Parlamento Europeo). Peccato che non si sia presentato nessuno, lasciando i russi (di alto profilo, peraltro) a parlare da soli.

Un bel segnale sul fatto che appaia sempre più evidente il bluff del gasdotto da 60 miliardi di metri cubi e oltre 17 miliardi di dollari di investimenti (ufficiali, in realtà molti di più, contando l’adeguamento della rete russa), la cui costruzione è annunciata dal 2015 e il funzionamento dal 2017. Troppo gas e troppo caro per un mercato in difficoltà come quello europeo.

South Stream è nel complesso un investimento posticipabile (se non del tutto evitabile), il cui senso era principalmente strategico, ossia porre sul tavolo un’alternativa al Nabucco originale, quello che avrebbe dovuto portare decine di miliardi di metri cubi mediorientali in Europa e che si è spento lungo la strada negli ultimi anni.

Sempre più attori sembrano non voler più reggere il gioco, soprattutto dopo che la decisione di costruire il TAP ha tolto dal tavolo anche le ultime vestigia del nome Nabucco. Obiettivo raggiunto, dunque, per il tubo di carta del Cremlino.

Enel e Hera firmano per il gas azerbaigiano

Enel sigla accordo con il consorzio Shah Deniz per l'approvvigionamento di gas da AzerbaigianPrimi contratti per l’acquisto del gas azerbaigiano di Shah Deniz, che saràportato in Italia attraverso il TAP. Ieri Enel e Hera hanno dato l’annuncio di aver concluso due contratti di fornitura della durata di 25 anni.

Il gas sarà fornito non prima del 2019 (probabilmente sarà 2020-2021). Per quanto concerne i volumi, Hera ha dichiarato 300 milioni di metri cubi all’anno, mentre Enel non ha specificato nel comunicato i volumi acquisiti.

L’annuncio della sigla dei primi contratti di fornitura rappresenta un ulteriore segnale positivo in attesa che, dopo la scelta del gasdotto, venga ufficializzata la decisione finale di investimento sulle attività upstream nell’offshore del Caspio, al momento in sospeso a causa delle incertezze di BP sulla ripartizione dei costi.

TAP, Nabucco, Corriere: quanta confusione

Europa in ordine sparso nella battaglia energeticaQuando si parla di energia, la stampa italiana non sempre è sul pezzo. L’ultimo caso è un articolo del Corriere pensato per chiarire ai lettori il contesto della scelta TAP: Europa in ordine sparso alla battaglia energetica. Obiettivo non raggiunto.

Tralasciamo l’adeguatezza dei titoli roboanti per concentrarci sui contenuti. Nulla di personale contro l’autore, ma TAP e Nabucco West non sono Corridoi energetici, ma gasdotti (infrastrutture) in competizione sullo stesso corridoio (progetto politico), quello meridionale.

Certo, un dettaglio, ma nel gergo di Bruxelles sono cose parecchio diverse, tanto da consentire a Barroso di salvare la faccia congratulandosi per la scelta di TAP come infrastruttura europea del Corridoio meridionale.

Proseguendo, il TAP traspoterà 10 miliardi di metri cubi (e espandibili a 20) e non 16, che invece saranno il totale della nuova produzione di Shah Deniz, in parte assorbita da Georgia e Turchia. Anche qui, dettagli: ma 6 Gmc in più o in meno sono anche l’equivalente di un rigassificatore in più o in meno, tanto per fare un esempio.

Poi, non si capisce bene perché il Nabucco West avrebbe rappresentato un fattore di diversificazione dalla Russia mentre il TAP no. Per sostenerlo, bisognerebbe ignorare il fatto che Nabucco West e TAP fossero in competizione per essere interamente riempiti dallo stesso gas di Shah Deniz. Che transiti da una parte o dall’altra, sempre del gas azerbaigiano del Caspio si tratta.

Sostenere che il Nabucco West potesse garantire più diversificazione del TAP nasce da un equivoco. Una cosa è il Nabucco, il progetto originale di gasdotto da 31 Gmc/a, accantonato da diversi anni perché avrebbe dovuto approvvigionarsi di gas iraniano (!), iracheno e turkmeno. Un’altra è Nabucco West, un progetto (ufficialmente, “scenario”) da 10 Gmc/a (espandibili a 20) e basta, proposto come ripiego per continuare a competere con il TAP per il solo gas azerbaigiano [non metto link perché nel frattempo il sito di Nabucco è andato offline].

Un’ultima considerazione: sarà anche vero che «i gasdotti si realizzno non solo sulla base della loro aritmetica economica», ma i 50 centesimi di differenza nelle tariffe di trasporto (di cui si parla nell’articolo) corrispondo a risparmi per 250 milioni di dollari all’anno. Forse abbastanza per fare la differenza.

La tassazione della produzione in Italia

INGRANDISCI - La pressione fiscale sulla produzione di idrocarburi

Segnalo un’interessante ricerca di Normisma Energia su La tassazione della produzione di gas e petrolio in Italia.

Dallo studio, risulta che pressione fiscale sulla produzione di idrocarburi è del 64%: non esattamente un incentivo a investire.

Se poi si considerano i tempi biblici per tutte le fasi amministrative, il quadro non è roseo. «Per ottenere un’autorizzazione per la fase esplorativa si attende, infatti, oltre il 70% in più rispetto alla media globale, ed il ritardo aumenta ulteriormente per la fase di coltivazione, dove un’autorizzazione può essere concessa in oltre 9 anni, contro una media di 4 all’estero».

Insomma, anche se la dipendenza dalle importazioni è largamente dovuta a fattori geologici, i disincentivi agli operatori fanno la loro parte.

Energy and Politics: Behind the Scenes of the Nabucco-TAP Competition

Nicolò Sartori - Energy and Politics: Behind the Scenes of the Nabucco-TAP CompetitionSegnalo un interessante paper di Nicolò Sartori sul tema del Corridoio merdionale e sulla vittoria di TAP nella competizione con Nabucco West Energy and Politics: Behind the Scenes of the Nabucco-TAP Competition.

Particolarmente convincente una delle considerazioni finali «if the focus moves […] to the specific objectives pursued by the Commission over the last decade, then the final response represents a clear policy failure».

Un fallimento che però è stato anche un successo per l’Italia, a ricordarci (aggiungo io) che non tutte le preferenze delle istituzioni europee sono positive per la sicurezza energetica nazionale.