TAP aumenta la presenza online

Trans Adriatic Pipeline (TAP)La joint-venture TAP ricorre anche all’arma mediatica nelle ultime fasi della sua lotta con il Nabucco West per aggiudicarsi il trasporto del gas azerbaigiano di Shah Deniz.

Nei giorni scorsi due post sono comparsi sul Formiche.net.

Il primo è un post di presentazione del progetto, con cifre e dettagli del progetto e del supposto impatto economico (giusto resta qualche dubbio sul fatto che l’Italia sia effettivamente «ben collegata» alle reti francese e tedesca…).

Il secondo post è invece una breve introduzione al progetto per il grande pubblico fatta da Giamapolo Russo, il contry manager per l’Italia di TAP.

Forse l’opera di comunicazione sarebbe dovuta partire prima, ma per gli standard del dibattito pubblico italiano è già un passo avanti.

GDF Suez entra in Nabucco

GDF Suez to Become Shareholder in NABUCCOLa francese GDF Suez ha acquisito dall’austriaca OMV il 9% della società Nabucco Gas Pipeline International GmbH, creata per progettare e realizzare il gasdotto Nabucco (attualmente, nella variante Nabucco West).

L’azienda austriaca ha così rivenuto parte della quota di RWE rilevata ad aprile, rimanendo però socio di maggioranza relativa (24,33%). Oltre a GDF Suez (9%), fanno parte del consorzio la bulgara BEH, la turca Botas, l’ungherese MOL e la rumena Transgaz (16,67% ciascuna).

L’ingresso dell’operatore francese aumenta le quotazioni del Nabucco West nella competizione con TAP come infrastruttura di trasporto di 10 miliardi di metri cubi di gas azerbaigiano verso la fine del decennio.

Accordo Eni-Sonatrach: ridotti i volumi verso l’Italia

Eni: raggiunto accordo con Sonatrach su contratto gasEni e il monopolista algerino Sonatrach sono giunti a un accordo sulla rinegoziazione degli accordi di fornitura di gas naturale algerini per il mercato italiano.

Secondo una nota diffusa da Eni, l’accordo riguarderebbe la revisione 2013 e il 2014 di alcune condizioni contrattuali e prevedrebbe la riduzione dei volumi contrattuali destinati al mercato italiano.

I contratti in vigore tra Eni e Sonatrach sono di lungo periodo con clausola take-or-pay e prevedono per l’acquirente l’obbligo di ritiro di una certa quantità di volume, anche in caso di domanda debole sul mercato finale. L’accordo dovrebbe alleggerire la posizione di Eni.

Attraverso il gasdotto Transmed, nel 2012 l’Italia ha importato 20,2 miliardi di metri cubi dall’Algeria (28% dei consumi). Nel primo trimestre 2013 le importazioni sono ammontate a 5,6 miliardi di metri cubi (22% dei consumi).

Grecia: Gazprom contro Socar per DEPA

DEPAIl governo greco è alle prese con un ambizioso piano di privatizzazioni, nel tentativo di ridurre l’indebitamento e rilanciare l’economia.

Una delle aziende sul mercato è Depa (Δημόσια Επιχείρηση Παροχής Αερίου), la società integrata di trasporto (tramite DESFA), vendita all’ingrosso e distribuzione  del gas naturale.

A contendersi Depa sono principalmente due società statali di Paesi produttori, intenzionate a rafforzare la propria posizione nel trasporto e nella distribuzione all’interno dell’UE.

La prima è la russa Gazprom, che secondo quanto riportato dal Sole24Ore sarebbe «a un passo dal gas greco» (anche se poi in vero si tratterebbe più di tubi che di gas…). Il rischio è che la Commissione tenti di bloccare gli investimenti russi nel quadro più ampio della sua guerra all’azienda russa (secondo il Sole, ci sarebbe anche un piano B russo che prevederebbe il coinvolgimento di capitali privati).

L’altro concorrente è l’azerbaigiana Socar, alla ricerca di opportunità di investimento e – allo stesso tempo – di un rafforzamento sul controllo delle proprie esportazioni future verso l’UE. Il governo azerbaigiano ha già sperimentato l’anno scorso questo tipo di operazione, con il coinvolgimento diretto nel capitale del TANAP, il gasdotto che trasporta il gas del Caspio atttaverso la Turchia.

Per una volta, gli interessi italiani e quelli russi si trovano a divergere: la Grecia è infatti uno dei Paesi di transito del TAP, il gasdotto che porterebbe il gas azerbaigiano dal confine turco fino all’Italia. Un consolidamento della presenza di Socar in Grecia sarebbe il preludio della scelta di costruire il TAP anziché l’alternativa diretta dalla Turchia all’Austria (Nabucco West).

La decisione, su Depa e sul TAP, è prevista per l’estate.

Il TAP procede a piccoli passi

Trans Adriatic Pipeline (TAP)Il Consiglio dei ministi di ieri ha appravato il ddl di ratifica degli accordi con Albania e Grecia per la costruzione del gasdotto TAP, secondo quanto riportato oggi dal Sole24Ore.

Si tratta di un nuovo passo avanti, che si somma alla recente approvazione dell’esenzione all’accesso a terzi da parte della Commissione europea.

Procede dunque la competizione tra TAP e Nabucco per il trasporto del gas azerbaigiano in UE. La decisione, attesa per maggio, è slittata a giugno o luglio, secondo quanto dichiarato da Vaqif Sadiqov, ambasciatore azerbaigiano in Italia.

Difficile dire già oggi chi avrà la meglio: il Nabucco è senza dubbio favorito dalla maggior dinamicità dei mercati balcanici, mentre il TAP offre una composizione azionaria più stabile e credibile, oltre a coinvolgere direttamente un grande mercato come quello italiano.

Determinante sarà di certo la posizione del governo azerbaigiano, la cui posizione ufficiale per ora è che le infrastrutture si debbano fare entrambe. Idea ambiziosa, ma al momento poco sostenibile non solo per i dubbi sui tempi di sviluppo dell’ulteriore capacità produttiva azerbaigiana, ma anche per la perdurante crisi della domanda europea.

Nota: la composizione azionaria del Nabucco indicata da Federico Rendina sul Sole non è corretta: da aprile, l’austriaca OMV ha rilevato la quota di RWE, diventando azionista di riferimento (anche se con l’intenzione dichiarata di favorire l’ingresso di non ben definiti nuovi soci).

Eni è al 70% privata: ma va?

Eni diventa «privata»: i fondi battono il Tesoro in assembleaI fatti: domenica in assemblea dei soci di Eni Spa i privati partecipanti avevano un pacchetto azionario complessivo superiore a quello dello Stato (CDP e Tesoro hanno il 30,1%), che era in minoranza.

Un numero crescente di soci privati (30,98% delle quote) ha infatto preso parte all’assemblea, soprattutto i fondi di investimento stranieri. Dunque? Tutto nella norma, per una società per azioni. Ma non in Italia, dove l’azionista pesante ha sempre contato su un formidabile moltiplicatore di forze: l’acquiescenza formale.

Fuori luogo il moltiplicarsi di commenti che annunciano con indignazione la privatizzazione di Eni. L’azienda, creata com Ente pubblico nel 1953, è diventata una SpA nel 1992 ed è stata quotata a Milano, Londra e New York dal 1995.

«In poco più di due anni e mezzo il Ministero del Tesoro, con quattro offerte, ha collocato sul mercato circa il 63% del capitale dell’Eni, con un incasso complessivo di oltre 21 miliardi di euro (oltre 41.000 miliardi di lire)», secondo la ricostruzione ufficiale. Un altro 5% è stato venduto nel 2001, fruttando 2,7 miliardi di euro.

Lo Stato è ancora oggi l’azionista di maggioranza (relativa) e può far valere la minoranza di blocco per ogni decisione straordinaria e, come extrema ratio, usare i privilegi connessi alla golden share.

La vera domanda è: è ancora necessario che una quota così alta di Eni sia in mano pubblica? Politicamente, è opinabile. Di certo però in materia di sicurezza energetica la risposta è no.

Perché il gas e il petrolio sui mercati italiani arrivano in ogni caso, proprio perché sono mercati (anche meglio: sono parte di mercati internazionali). Le necessità e il contesto storico sono molto cambiati rispetto agli anni Cinquanta e anche ammesso che sia necessario avere una voce in capitolo sulle decisioni di uno dei tanti operatori del mercato, la golden share è più che sufficiente.

Il resto è solo matenimento di un’ingerenza pubblica che comprime l’efficienza, distorce gli investimenti e la possibilità di creare ricchezza, come dimostrato dalle lunghe resistenze alla separazione da Snam Rete Gas.