«Aereo aziendale. C’era in vendita un pezzo di Contratto del Secolo. Petrolio. I giacimenti di Azeri-Chirag-Guneshli. E noi due si andava a vedere. Caricati in auto ancora sulla pista. Poi la strada. Subito visioni. Pezzi e spettri di derricks a perdita d’occhio. E jacks ovunque. Non una discarica. Piuttosto un cimitero. Con la terra impregnata di bitume a segnare lo spazio. Eppur si muove. Qualche jack, qua e là, scuoteva la testa. Pompava ancora. C’era ancora petrolio. E dunque vita. Benvenuto nella terra degli adoratori del fuoco. E poi di Nobel e Rothschild. E poi di Stalin che comincia; e di Hitler che non riuscendo ad arrivarci finisce. Fino in città, dovunque ti giri è petrolio; o comunque sua memoria. E suo odore. Come se non avesse distrutto la natura. Ma ci fosse già prima. Per chi faceva il mestiere del petrolio era giusto odore di Terra Promessa».
Continua su Limes la prefazione di Massimo Nicolazzi al nuovo libro di Carlo Frappi e mio, Azerbaigian, energia per l’Europa. Storia, economia e geopolitica degli idrocarburi del Caspio.