In questi giorni di discesa delle quotazioni del greggio ci si chiede se la shale revolution americana sia economicamente sostenibile oppure no. Si tratta di un tema importante per capire gli sviluppi che dobbiamo attenderci sui mercati energetici internazionali nei prossimi 12-18 mesi.
Nel frattempo però non si parla molto dell’impatto che il rapido sviluppo delle attività estrattive nei giacimenti shale ha avuto negli ultimi anni sulle comunità locali. Nel bene come nel male.
Per chi fosse interessato consiglio il reportage apparso oggi sul Corriere della Sera.
Nuove opportunità di lavoro e sviluppo, improvvise ricchezze, degrado ambientale, crescenti disparità e aumento della violenza sono tutte sfaccettature di un fenomeno che in 5-6 anni ha trasformato il North Dakota da povero territorio agricolo in uno dei maggiori produttori al mondo di idrocarburi.
NB: così come il piccolo villagio di Palermo ha conosciuto un boom eccezionale negli scorsi 5 anni, altrettanto velocemente potrebbe subire un netto ridimensionamento qualora il prezzo del petrolio non torni a salire. Stanti le prospettive più condivise, è lecito pensare che nuove città fantasma potrebbero apparire presto nello sconfinato Midwest americano.