Nei giorni scorsi il Governo italiano ha adottato un decreto legge, che estende e potenzia le norme fiscali e gli standard tecnici a favore della ristrutturazione e dell’efficientamento energetico degli edifici.
Si tratta di una norma che può sicuramente incentivare un uso migliore dell’energia da parte del settore residenziale, ridurre le bollette delle famiglie e smuovere il settore edile, mai come ora in profonda crisi (non si capisce però come mai, se produce tutti questi benefici, il meccanismo di detrazioni non sia reso permanente, anzichè dover aspettare tutti gli anni la primavera per approvare la sua proroga).
Dal punto di vista del sistema Paese, questa scelta di policy può sicuramente ridurre le importazioni energetiche, ridimensionare l’impatto ambientale delle attività umane e accrescere la sicurezza energetica. Essa tende però anche a rendere più urgente affrontare un problema di cui l’industria energetica si sta lamentando da mesi: l’eccesso di capacità, sia nell’elettricità che nel gas.
In un periodo di crescita zero più efficienza energetica significa infatti avere stabilmente meno domanda di energia e quindi prezzi e quantità in calo, come testimoniano le centrali a gas operanti per poche ore al giorno e i gasdotti mezzi vuoti.
Forse, è giunta l’ora di chiedersi se abbia senso ancora per il Paese costruire nuove infrastrutture di adduzione dell’energia e nuove centrali elettriche, indipendentemente dal fatto che siano a rinnovabili o a combustibili fossili.