INFOGRAFICA – Consumi energetici delle principali economie

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Obiettivi europei sulle rinnovabili: chi bene, chi male

Energia rinnovabile al 2012, obiettivi al 2020 e differenza in punti percentualiQuando finalmente avremo una nuova Commissione, una delle prime questioni sul tavolo sarà quella degli (eventuali) obiettivi al 2030. E in particolare dell’opportunità di fissare un nuovo livello minimo di rinnovabili sul consumo finale lordo.

Per capire le posizioni sulla questione, è utile vedere anche cosa stiano facendo i governi rispetto agli obiettivi già in vigore per il 2020. Sebbene l’obiettivo europeo sia del 20%, in realtà dopo lunghe trattative ciascun Paese ha ottenuto un obiettivo nazionale.

Rispetto a quel livello nazionale i governi si sono impegnati in modo vincolante, ma non tutti sono su una traiettoria adeguata. Purtroppo, gli ultimi dati ufficiali diffusi da Eurostat sono aggiornati al 2012 [no comment], ma sono utili per farsi un’idea.

Il dettaglio è riportato nella tabella sotto, ma tra le grandi economie i britannici, i francesi e gli olandesi siano distanti di circa 10 punti percentuali dagli obiettivi e abbiano davvero ancora parecchia strada da fare. Al contrario, i due grandi Paesi più virtuosi sono la Polonia e soprattutto l’Italia, seguiti da Germania e Spagna. Complice, nel nostro caso, oltre ai noti sussidi anche il calo dei consumi complessivi.

Sebbene le questioni sul tavolo siano numerose e complesse, visti i risultati fin qui raggiunti, è probabile che il Regno Unito e la Francia avranno meno interesse degli altri a spingere per ulteriori obiettivi vincolati. I primi perché più propensi a soluzioni di mercato che mettano in concorrenza rinnovabili ed efficienza, i secondi perché puntano anche per il futuro al nucleare come elemento chiave della decarbonizzazione.

Per qualche considerazione in più, rimando al Focus 17/2004.


Energia rinnovabile al 2012, obiettivi al 2020 e differenza in punti percentualiQuota di energia rinnovabile sul totale dei consumi finali lordi


Nucleare? Arrivano i cinesi

Edf - Hinkley PointIn Italia il nucleare è – purtroppo – ormai solo un ricordo del passato, mentre il dibattito a Bruxelles sembra essere fossilizzato a quante rinnovabili sussidiare e a come limitare il ruolo di Gazprom. Intanto però il mondo va da un’altra parte.

A ricordarcelo è l’accordo quasi raggiunto nel Regno Unito per la realizzazione di un nuovo reattore nucleare a Hinkley Point, in Somerset. A costruire l’impianto saranno la francese Edf (che già opera la centrale) e un partner non ancora rivelato, che a quanto pare dovrebbe essere la China General Nuclear Power Group, uno dei due gruppi cinesi attivi nella costruzione di centrali (l’altro è China National Nuclear Corp).

Se finalizzato, l’accordo prevederà l’accesso dei cinesi alla tecnologia dell’European pressurised reactor (il modello da esportazione dell’industria nucleare francese), l’acquisizione delle procedure di sicurezza e delle capacità di gestione del processo di costruzione (esclusa per il momento l’ipotesi che i cinesi operino la centrale).

L’industria cinese è in questo momento molto attiva, con 29 reattori in costruzione solo in Cina (sì, 29: tre volte tanto le centrali ancora attive che i tedeschi vorrebbero chiudere). Questa ulteriore partnership in Europa darebbe tuttavia un contributo essenziale per competere sui mercati globali, soprattutto in Medio Oriente e in Asia (determinanti sia la tecnologia sia la padronanza delle norme di sicurezza europee).

Un patto col diavolo per Edf, ma necessario per trovare i fondi necessari a far partire i lavori (la stima iniziale è di 16,5 miliardi di euro, ma si sa come vanno queste opere). La liquidità non è tuttavia un problema per il governo cinese, che mira tra l’altro in questo modo a diversificare la valuta dei propri investimenti.

Dal punto di vista britannico, il nodo più critico è quello del costo dell’energia: il nucleare è conveniente nel lungo periodo, ma gli investitori vogliono un ritorno subito (soprattutto i francesi). I termini dell’accordo sono segreti, ma secondo indiscrezioni il prezzo previsto sarebbe parecchio sopra i prezzi di mercato attuali (90-92 sterline a MWh, contro un prezzo medio odierno tra 50 e 60 e uno atteso a 15 anni di circa 80).

Un caro prezzo, ma con diversi vantaggi. Oltre alla diversificazione e agli investimenti diretti, il Regno Unito avrebbe infatti portato a casa un altro risultato di peso: ospitare a Londra il primo mercato autorizzato a trattare il reminby, la valuta cinese che prima o poi dovrà iniziare la transizione in uscita dal cambio fisso. A beneficiare saranno anche i rapporti tra Londra e Parigi, magari con un occhio alla rinegoziazione delle condizioni di appartenenza all’Ue per i Paesi non-euro.

Per i britannici il nucleare rappresenta anche un modo di ridurre le emissioni di anidride carbonica, in vista dell’obiettivo nazionale di decarbonizzazione dell’economia al 2050. Importante per gli equilibri politici interni britannici, ma ininfluente a livello globale: nei prossimi 20 anni, i cinesi installeranno 280 GW solo di nuove centrali a carbone (a conferma che la riduzione delle emissioni è un business molto europeo). Il nucleare è solo un tassello.

Domande e risposte sul fracking

FT - No middle ground in fracking debateSegnalo un interessante articolo del FT sul fracking e il gas da argille, tema attualmente molto dibattuto nel Regno Unito, dove sono in corso le operazioni per sfruttare diversi giacimenti.

Nunmerose le domande dirette a cui FT cerca di rispondere: cos’è il fracking, cosa sta succedendo nel Regno Unito, quali sono gli effetti. Tra l’altro, a quanto pare è più facile che le miniere di carbone provochino terremoti che non le operazioni di fracking (una delle grandi preoccupazioni dei britannici).

Interessante notare che la Chiesa di Inghilterra si è schierata a favore dello sfruttamento del non convenzionale perché consentirebbe costi dell’energia più bassi, a tutto vantaggio dei più poveri. Punto che sembra spesso sfuggire nel dibattito sulle politiche energetiche e in particolare sulle rinnovabili.

Lettura consigliata e istruttiva, anche se giova ricordare che nel nostro Paese non ci sono riserve di gas da argille e dunque il dibattito difficilmente ci interesserà mai in modo diretto.

Elementi essenziali della sicurezza energetica

      Enel SpA     Valerio Abbagnara     European Union     June 27 2013  Valerio Abbagnara Author page »      Energy security: definition and scope  Historically, the introduction of the energy security concept is attributed to Sir Winston Churchill, who, in his role as pre-WWI First Lord of the Admiralty for the British Navy, stated: “Safety and certainty in oil lie in variety and variety alone” (as variety Churchill meant variety of oil suppliers.)1  In fact, in converting the British Navy from coal-power to fuel oil in order to make the fleet faster than the German Navy, Churchill implicitly recognized that the sources diversification had to be pursued (and a new vulnerability had been created): coal was a domestic source of fuel but oil had to be imported.  Nowadays, the concept of energy security is indeed richer thanks to the inclusion and development of many new factors, of which daily interactions among nations and the increasingly global level of their relationship undoubtedly rank among the more significant ones.  Throughout the years, several descriptions of energy security have been provided.  To mention a few, in 2004, the following characterization was given by professors Barton, Redgwell, Ronne and Zillman: “a condition in which a nation and all, or most, of its citizens and businesses have access to sufficient energy resources at reasonable prices for the foreseeable future free form serious risk of major disruption of services”.2  In 2006, a similar definition was given by Daniel Yergin: “availability of sufficient supplies at affordable prices”3.  A close construction to the above is maintained in the definitions adopted by some international organizations. The Energy International Agency defines the energy security as “the uninterrupted availability of energy sources at an affordable price”4 , whilst according to the European Commission, the energy security is “the availability of energy at all times in various forms, in sufficient quantities and at reasonable and/or affordable prices”5.  Lastly, according to the Congress of United States, the energy security is “the ability of U.S. households and businesses to accommodate disruptions of supply in energy markets”6.  Notwithstanding as correctly stated by the Department of Energy and Climate Change of the UK Government about the imperfection of a definition of energy security7, from the above two main common elements emerge which may ideally provide for a catch-all concept (thus valid regardless of its geographical or sector-specific application), namely: a) the reliability in the supply of the energy raw materials, meaning its physical dispatch from the production site to the utilization site and b) their affordability, meaning their reasonably economic availability, as such disrupted to the least possible extent by unforeseeable and/or substantial price variations which may lead to the destabilization of the involved economies.      Risks affecting the energy security  The above elements are dealt with by any single state depending on whether any such state is an energy producer or energy importer. In fact, both types of countries are equally affected whenever an imbalance occurs (both producers and importers are interdependent), although the risks they face are different.  In the producing countries, the power industry normally represents a high percentage of the GDP, as well as a large part of their export; proceeds from the energy export normally make up for a substantial part – often the entirety – of the state income and are practically the tool whereby the political regimes ensure their support from the populations. In such a context, keeping steady export outflows – along with regular money inflows – represents a fundamental condition for the economic and political stability of the producing countries.8  In the importing countries, governments are mainly concerned about guaranteeing reliable energy inflows at reasonable prices; therefore, substantial efforts are employed in keeping up a long-lasting, high level diplomacy activity with the producing countries as well as designing solutions aimed at reducing the dependence on external energy sources.  From the above it may therefore be easily inferred that both for the producing countries and the importing ones the power resources are so important that a reciprocal security is needed and pursued; the motto “commercium et pax” as guarantee of a peaceful and stable social and commercial growth is actively followed.9     Generally speaking, the energy security is threatened by two different kinds of risk: physical risks and economic risks.  The physical risks are related to the reliability of the resources, namely to the maintenance of a regular flow of resources; as a matter of fact, the transportation infrastructures may be damaged, be object of attacks or be blocked  - mainly the gas pipelines – by the countries where resources pass through. Such circumstances may equally harm both producing and importing countries.  The economic risks are related to the affordability of the resources, namely to their reasonably economic availability. By definition, the energy consumption is rigid with respect to price, mainly in case of price increase. Such rigidity has two main implications; in the short term, consumers do not vary their consumption in proportion to a price variation, whilst, in the long term, their response aim at structurally modifying the demand for energy, both by increasing the energy efficiency or diversifying the energy sources.  For the producing countries, both positive and negative price variations represent a risk, namely if they are unforeseen and excessive.  As a matter of fact, a price slump entails a payments-related issue and, as a consequence, may lead to the political destabilization of the regimes which base their consensus on the proceeds linked to the energy resources supply.  Likewise, a price increase poses a serious threat, since the increase of energy efficiency or the sources diversification in the importing country may represent a permanent shrinking of the demand, thus reducing the money inflows.10      Essential elements of the European States’ energy security policy  Limiting this analysis to Europe (although the below elements may well be referred to a vast majority of worldwide states), as a response to the political, social and economic issues which have negatively affected or otherwise shaken the European energy security in the last 10 years (namely hydrocarbons price increase, gas crisis in the Eastern Europe, Chinese economic boom, increasing focus on the climate change, financial and real estate crisis), the following may be considered as the very essential elements of the European states’ energy security policy:      Diversification of energy mix  In order to decreasingly depend from single energy sources, mainly fossil fuels (oil, gas and coal), States have started to diversify their national energy share through the development of alternative energy sources, such as the nuclear and the renewable energies (wind, hydro, photovoltaic and so on). The energy diversification has become a repeated mantra and as such renowned energy business personalities very often highlight its significance. In this sense, it is worth to mention Mr. Fulvio Conti11  who, in the 2008 International Energy Forum held in Rome, stressed that fostering the investments in diversification of energy mix as well as in new infrastructures for energy production is of paramount importance in order to guarantee an adequate, secure, sustainable and cheaper energy supply.12  The diversification will also serve for the purposes of ensuring the human development while preserving the environment; as a matter of fact, the use of alternative energy sources will help to reduce the current level of CO2, which is in line with the climate and energy package promoted by the European Union.      Diversification of suppliers  Mainly in the gas sector, the collaboration among States has led to the launch of different projects (North Stream, South Stream, TAP), with the aim at reducing the dependence from the vagaries of the relationship between Russia and the countries where the Russian gas passes through. Such kind of diversification is undoubtedly positive; however, it should be coupled with other measures like, for instance, a greater transport capacity liberalization which may be achieved by amending the gas contracts through a reassessment of the final destination clauses, which in fact restrict the possibility of buyers to resell gas outside their respective territories.      Decrease of internal consumption and increase of energy efficiency  Both elements are being tackled by the States under the collective approach at the level of the European Union.  As regards the internal consumption, one of the strategy targets for tackling climate change before 2020 is the energy cut by 20%. In this respect, the Performance of Buildings Directive (Directive 2010/31/EU) clearly indicates that, accounting buildings for 40 % of total energy consumption in the European Union, the reduction of energy consumption and the use of energy from renewable sources in the buildings sector constitute important measures needed to reduce the EU’s energy dependency and greenhouse gas emissions.   On energy efficiency, the Directive on energy efficiency (Directive 2012/27/EU) specifically requires the Member States to implement a series of tasks with the aim at addressing the challenges resulting from the increased dependence on energy imports and scarce energy resources and the need to limit climate change and to overcome the economic crisis.  On energy efficiency it is also worth to highlight that a really efficient system cannot be achieved without a transparent and effective management of the cross-border power flows as well as the network congestions;  a sustainable, integrated power infrastructure network at the European level should therefore be promoted and implemented.      A  slightly  different approach: The stance of the United Kingdom  According to a recent Energy Index (International Index of Energy Security Risk) compiled by the U.S. Chamber of Commerce Institute for 21st Century Energy, the United Kingdom ranks second (behind Mexico) in a list of 24 countries that make up the large energy user group13.  Since the 1980s, the United Kingdom has scored consistently in the top three most energy secure countries in the group of large energy users and it has been the most energy secure of the European countries. The United Kingdom is a large energy producer as well as a large energy consumer and it has significant quantities of oil, gas, and coal resources. It is the second largest producer of crude oil in Europe after Norway and was until recently Europe’s second largest producer of natural gas also after Norway—it is now third behind the Netherlands.  Being the United Kingdom a large energy producer, the analysis on whether such country has achieved the above elements must necessarily be put forward in conjunction with its position.  In fact, the diversification of energy mix is not considered such a primary and urgent goal as in other European countries; the country boasts and actively exploits oil and gas reserves currently existing in the North Sea, which, although shrinking, make it less dependent than other countries on external exports and ensure a significant contribution to the energy needs for many years to come.14 This is the reason why the current UK energy policy stands for a maximization of the economic production of the oil and gas reserves, rather than heavily focusing on the mix diversification.  The declining production in the North Sea is in any case prompting the UK energy diplomacy to provide help in improving the reliability of global energy markets and actively search for a sources diversification through bilateral relationships and multilateral initiatives as well as  by encouraging greater liberalization of the markets and strengthening trading links and infrastructure; in this sense, the United Kingdom government  continuously cooperates with the EU authorities and is increasingly becoming part of more interconnected networks both in the EU and beyond.  As regards the energy efficiency, such element represents a pillar of the UK Energy Security Strategy15. As such, initiatives such as smart meters and smart grids are in place in order to deliver a more sustainable and secure energy system, lower the exposure to domestic and international energy market risks and reduce the UK’s dependence on oil and gas.  1 Daniel Yergin, Ensuring Energy Security, in “Foreign Affairs”, 85, 2, 2006, p. 69 2 Barry Barton, Catherine Redgwell, Anita Ronne and Donald N. Zillman, Energy security: managing risk in a dynamic and regulatory environment, Oxford, Oxfor University Press, 2004, p. 5 3 Daniel Yergin, Ensuring Energy Security, in “Foreign Affairs”, 85, 2, 2006, pp. 70-71 4 http://www.iea.org/topics/energysecurity/ 5 Cited in Robert Skinner and Robert Arnott, EUROGULF: an EU–GCC dialogue for energy stability and sustainability, http://ec.europa.eu/energy/green-paper-energy-supply/doc/studies/2005_04_eurogulf_kuwait_en.pdf 6 http://www.cbo.gov/sites/default/files/cbofiles/attachments/05-09-EnergySecurity.pdf 7 https://www.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/65643/7101-energy-security-strategy.pdf , pag. 5 8 Matteo Verda, Politica estera e sicurezza energetica - L’esperienza europea, il gas naturale e il ruolo della Russia, ed. Epoké, 2012, p. 38 ss. 9 Michael Novak, Does the free market corrode moral character?, John Templeton Foundation http://www.templeton.org/market/PDF/Novak.pdf 10 Matteo Verda, La sicurezza energetica ed i paesi produttori, Istituto per gli studi di politica internazionale  (ISPI), Policy Brief, no. 213 – December 2011 11 Chief Executive Officer and General Manager of Enel S.p.A.  Enel S.p.A. is the industrial holding of the Enel Group, a multinational group based in Italy, a leading integrated player in the power and gas markets of Europe and Latin America, operating in 40 countries across 4 continents. 12 http://www.enel.com/en-GB/media/press_releases/fulvio-conti-illustrates-the-terms-of-the-147-energy-equation-148-at-the-international-energy-forum-in-rome/r/1594930/ 13 http://www.energyxxi.org/sites/default/files/InternationalIndex2012.pdf 14 https://www.gov.uk/government/publications/energy-security-strategy , pag. 20 15 The Energy Efficiency Strategy: The Energy Efficiency Opportunity in the UK, DECC 2012. http://www.decc.gov.uk/en/content/cms/tackling/saving_energy/what_doing/eedo/eedo.aspx  Author - Valerio Abbagnara valerio.abbagnara@enel.com Tags      European Union,     Energy & Natural Resources,     Environment,     Enel SpA   View original Adobe PDF file |  Forward  | Print  | Read later inShare0  If you are interested in submitting an article to Lexology, please contact Andrew Teague at ateague@lexology.com. 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Dopo una parte introduttiva che ricostruisce brevemente il concetto di sicurezza energetica e gli elementi di rischio, l’articolo si concentra sulla strategie di mitigazione dei Paesi europei e su un’analisi più ravvicinata del caso britannico.

OFGEM Gas Security of Supply Report

OFGEM Gas Security of Supply ReportL’Autorità per l’energia britannica (OFGEM) ha appena pubblicato un report al governo sulla sicurezza dell’approvvigionamento di gas.

Il report parte dalla considerazione che la crescente dipendenza del mercato britannico dalle importazioni di gas espone a rischi per la sicurezza energetica del Paese.

Secondo OFGEM, i contratti interrompibili dei grandi consumatori – che coprono il 50% della domanda – e la pur contenuta capacità di stoccaggio rendono altamente improbabile un’interruzione delle forniture ai clienti medio-piccoli. Per arrivare a una riduzione delle forniture ai clienti domestici in pieno inverno, i mercato britannico dovrebbe perdere in un colpo oltre il 60% della capacità di importazione (e le stime sono conservative, perché si basano su una volontaria sottostima della capacità di erogazione da stoccaggio disponibile).

Nonstante l’alta improbabilità, un’interruzione ai piccoli consumatori avrebbe conseguenze molto gravi, soprattutto perché occorrerebbero alcune settimane per ripristinare il servizio di distribuzione.

Il rischio è più grave se si guarda al settore elettrico. Il gas fornisce oltre il 40% della produzione britannica e basterebbe un’interruzione degli approvvigionamenti di gas nell’ordine del 25-30% in un momento di picco della domanda (sempre sottostimando lo stoccaggio, comunque) per portare alla necessità di razionare l’elettricità. In questo caso, tuttavia, i tempi di recupero sarebbero molto più veloci, con una limitazione dei danni, grazie al ricorso a impianti di generazione con fonti diverse.

Per quanto riguarda i prezzi, il mercato britannico è molto più esposto alle oscillazioni di prezzo rispetto agli altri grandi mercati europei a causa della forme contrattuali esistenti, più legate al breve periodo. Con l’attuale congiuntura, si tratta di un vantaggio, perché consente un basso costo della materia prima, ma la situazione potrebbe cambiare.

Il basso rapporto tra capacità di stoccaggio e consumi rappresenta un altro fattore di vulnerabilità, perché limita la capacità del sistema di isolare i consumatori finali dalle oscillazioni di prezzo. La bassa capacità di stoccaggio – circa 4 Gmc [NdR] – non rappresenta invece attualmente un problema in termini di sicurezza degli approvvigionamenti in virtù dell’alta capacità di produzione interna residua – oltre 40 Gmc annui -.

Per quanto riguarda le prescrizioni, OFGEM sottolinea la necessità di aumentare l’esposizione degli operatori nel garantire la sicurezza e di conseguenza il corretto funzionamento di meccanismi di mercato che consentano di prezzare la sicurezza dei consumatori finali.

OFGEM indivua anche alcuni ostacoli da superare:

  • l’atteggiamento spesso orientato al breve periodo degli operatori (favorito dall’assetto regolatorio);
  • i problemi di finanziamento delle infrastrutture a causa delle incertezze di mercato;
  • la difficoltà dei meccanismi di mercato di scontare gli alti costi sociali di una grave interruzione;
  • il rischio morale che gli oepratori si aspettino che sia il governo a farsi carico delle misure di sicurezza;
  • il rischio che durante una crisi le misure di sicurezza di altri Paesi possano avere effetti negativi sulla sicurezza energetica britannica;
  • il rischio geopolitico derivante dal fatto che la Russia e gli altri grandi produttori non-europei potrebbero non rispondere a soli incentivi di tipo economico.

Le altre prescrizioni di OFGEM sono un auspicio che prima di intervenire si facciano ulteriori valutazioni di impatto, che si trovi un equilibrio tra necessità di sicurezza e vantaggi di prezzo per i consumatori derivanti da un mercato libero, che si trovi il modo di incentivare una maggiore diversificazione della durata temporale dei contratti (a favore di quelli di lungo periodo).

Più in generale, il dato politico di fondo del report OFGEM è un invito all’esecutivo britannico a valutate la possibilità di un maggiore intervento pubblico sul mercato, similmente a quanto fatto sugli altri grandi mercati europei.

Per quanto un intervento pubblico a tutela della sicurezza energetica sia necessario, speriamo che David Cameron si ricordi di essere dello stesso partito di Lady Thatcher.