Continua la battaglia di dichiarazioni introno all’Ucraina in vista del terzo summit sul Partenariato Orientale UE. Da un lato, Gazprom ha da tempo intensificato il proprio pressing accelerando i preparativi per la costruzione di South Stream.
Dall’altro lato della barricata, si moltiplicano gli sforzi di quanti in Europa cercano di limitare il ruolo di Gazprom in Ucraina. In particolare, ha molto risalto in questi giorni la notizia dell’accordo preliminare sulla realizzazione di capacità di controflusso dalla Slovacchia verso l’Ucraina, che da settembre prossimo si andrebbe a sommare ai flussi inversi dall’Ungheria e dalla Polonia (2,5 Gmc attesi per quest’inverno, sui 5 contrattualizzati con RWE).
Se agli accordi seguiranno tutti gli adattamenti tecnici necessari, la capacità massima sarebbe di circa 10 Gmc dalla Slovacchia e 6-7 totali da Polonia e Ungheria. Esiste tuttavia più di un dubbio sulla fattibilità di questi progetti e sul loro eventuale impatto.
Nel 2012, l’Ucraina ha importato 33 Gmc di gas russo, il doppio di quanto si spera di importare dall’UE. Considerando che la produzione è stabile e che il potenziale non-convenzionale del Paese è ancora molto distante da un effettivo sfruttamento, difficilmente il calo dei consumi (-7,7% nei primi otto mesi 2013) potrà arrivare a dimezzare le importazioni. Le forniture russe resteranno dunque in ogni caso essenziali per coprire il fabbisogno.
A questo si aggiunge l’apparente paradosso che il gas esportato dall’UE verso l’Ucraina sarebbe alla fine praticamente tutto gas russo, ponendo una questione di prezzo. Perché senza un’ulteriore evoluzione dei meccanismi di integrazione dei mercati europei, difficilmente si potrebbero praticare stabilmete agli ucraini prezzi più bassi di quelli di Gazprom (e questo senza considerare le conseguenze rialziste per i prezzi finali europei). A meno di non immaginare un’UE che decida di sussidiare i consumatori ucraini.
Infine, ci sono fondati dubbi circa la solvibilità dell’Ucraina, che sta andando incontro a seri problemi a pagare le proprie importazioni (UE e FMI sarebbero pronti a intervenire). Per il solo gas, Naftogaz ha un debito pendente nei confronti di Gazprom di 1,4 miliardi di dollari: difficilmente si potrebbe immaginare un cliente in condizioni peggiori per gli esportatori europei. E difficilmente si riesce a immaginare un intervento politico sufficiente a stravolgere la razionalità economica dell’operazione.
La battaglia mediatica in vista di Vilnius resta aperta, ma la distanza tra dichiarazioni e realtà non sembra ridursi.