L’infografica è basata sui dati della edizione 2015 della BP Statistical Review of World Energy.
Secondo quanto riportato da FT, dall’inizio dell’anno GazpromNeft ha iniziato a regolare le proprie esportazioni di petrolio verso la Cina in renminbi anziché in dollari.
In particolare, secondo il report dell’azienda russa relativo al primo trimestre del 2015, le esportazioni attraverso l’oleodotto East Siberian Pacific Ocean sono state di circa 50.000 bbl/g, per un controvalore di 250 milioni di dollari alle quotazioni attuali.
La decisione di GazpromNeft, ossia del governo russo che la controlla, va letta nel contesto della reazione alle sanzioni occidentali e alla scelta di riorientare le strategie di esportazioni russe verso i mercati asiatici, in più forte crescita e politicamente meno problematici rispetto ai tradizionali partners europei.
La necessità di ricorrere a prestiti cinesi per costruire le infrastrutture di esportazione energetiche in Siberia orientale ha peraltro senza dubbio contribuito alla scelta russa. Si tratta in ogni caso di una cifra tutto sommato modesta (pari circa 1 miliardo di dollari all’anno) se paragonata al totale delle esportazioni petrolifere russe (oltre 200 miliardi all’anno) o all’interscambio Russia-Cina (86 miliardi nel 2013).
Tuttavia segnala un nuovo passo avanti in una tendenza di lungo periodo, conseguenza inevitabile dell’ascesa cinese, che i russi hanno da tempo iniziato a sostenere in ottica di contenimento degli Stati Uniti.
Dal punto di vista dei mercati petroliferi, l’egemonia del dollaro non è al momento in discussione: l’impatto della decisione russa è poco più che simbolico, dati i volumi in questione. Resta però sul tavolo la questione dell’inevitabile superamento dell’unicità della posizione del dollaro e del disancoramento dei prezzi del greggio dalle politiche monetarie statunitensi.
Per noi europei potrebbe non essere poi così male.
Sono disponibili qui le slides relative alla lezione «La Russia e lo spazio post-sovietico», tenuta lunedì 25 aprile presso la Residenza Universitaria di Torleone di Bologna, nell’ambito del programma Jump-Global Mindset delle residenze RUI.
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Sono disponibili qui le slides relative all’intervento dedicato alla sicurezza e alla diversificazione degli approvvigionamenti di gas nell’Energy Union, tenuto lunedì 27 aprile durante la tavola rotonda dedicata a L’Unione dell’energia secondo una prospettiva italiana, organizzata da I-Com.
Sul tema, risulta particolarmente interessante un esame più approfondito del livello di utilizzazione della capacità di rigassificazione europea. Nel 2014, l’UE ha infatti importato 45 Gmc via metaniera, lasciando completamente inutilizzati tre quarti della capacità disponibile.
Prima di immaginare nuove infrastrutture, sarebbe meglio interconnettere meglio le reti esistenti per sfruttare gli investimenti già effettuati in giro per l’Europa.
Utile anche esaminare ancora una volta da dove arriva il gas consumato in Europa e dunque l’effettiva possibilità di sostituire in tempi anche medio-lunghi i flussi di uno dei grandi fornitori.
Sono disponibili qui le slides relative alla lezione «Geopolitics of energy», tenuta venerdì 24 aprile presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, nell’ambito del master in Human Rights and Conflict Management.
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In un articolo su NaturalGasEurope, Sergio Matalucci ha raccolto cinque opinioni sull’azione della Commissione contro Gazprom. Qui sotto ripropongo la mia.
Will the move of European Commissioner for Competition Margrethe Vestager escalate tensions between Europe and Russia, and between Russia and Ukraine?
I don’t think that the Statement of Objections could be a game changer. Between Gazprom and its European customers there is a long term relationship, based on structural factors: huge Russian reserves of natural gas, existing infrastructure system, unavoidable European dependence on imports. Indeed, a large base for a common interest.
In any case, Gazprom’s business practices have already been changing for more than a decade. Destination clauses have been scrapped from contracts with Eni in 2003, for instance. And since the beginning of the economic crisis, intense renegotiations involved Gazprom and all its majors customers in Europe, leading to the introduction of a partial indexation to spot prices, in several cases. The EC’s action will accelerate an already existing pattern of inevitable evolution in the business model of Gazprom, at least in Europe.
The case is politically sensitive, of course. And in the short term it may significantly raise tensions between Bruxelles and Moscow, but long-term common interests are larger than short-term incidents. I think that a palatable solution for all the parties involved will emerge, eventually. As regards Ukrainian situation, at the moment I don’t see a significant risk of a spillover effect, since there is no connection between the two issues. By the way, Eastern European countries are already re-exporting Russian gas in Ukraine. However, if the situation worsens significantly, every issue may become more politicised. But this is another story.
Le risposte di Gilles Darmois, Irina Mironova, Stephen Blank e Sohbet Karbuz le trovate qui.