Gazprom ha siglato ieri l’accordo per la costruzione della sezione finale del South Stream con gli austriaci di OMV (sì, quelli che fino all’anno scorso erano i talebani del Nabucco…).
Ora è ufficiale: il gas russo diretto in Italia arriverà dunque al Tarvisio passando per Baumgarten anziché per la Slovenia, il principale perdente degli utlimi sviluppi.
Mentre continuano le trattative per definire gli sconti all’Ucraina e la dinamica di rientro dal debito di Naftogaz, il governo russo spinge dunque per la costruzione in tempi rapidi del South Stream, il gasdotto che ridurrebbe al lumicino il potere di ricatto ucraino.
Nei piano di Gazprom, il primo gas dovrebbe arrivare in Bulgaria nel 2015: data ambiziosa, ma tecnicamente possibile. Sebbene la tratta sottomarina sia quella più complessa, i problemi per South Stream iniziano però sulla terraferma.
La Commissione europea sta usando la propria influenza per rallentare la costruzione, come parte della trattativa sugli sconti all’Ucraina. E qualche successo lo sta ottenendo: i lavori in Bulgaria si sono interrotti per ragioni legali, mentre in Serbia sono a rischio perché il Paese è candidato all’ingresso e dunque molto sensibile agli umori della Commissione.
Alla lunga, però, la costruzione dell’infrastruttura non può essere impedita. Diverso invece il discorso per la sua utilizzazione: il terzo pacchetto energia dà alla Commissione la possibilità di impedire le attività di trasporto da parte delle aziende produttrici, come Gazprom. Una possibilità che può essere usata in modo discrezionale, come messo in evidenza da Demostenes Floros.
Probabilmente l’azienda russa forzerà in ogni caso la costruzione, mettendo poi le Istituzioni europee davanti all'(insostenibile) posizione di voler impedire la diversificazione delle rotte di importazione. Col probabile risultato finale di replicare sul South Stream la soluzione adottata per Nord Stream, ossia autorizzare i flussi, ma solo a metà.