La squadra di Report guidata da Milena Gabanelli ha l’indubbio merito di approfondire temi importanti e spesso trascurati, tra l’altro scatenando l’entusiasmo del mio co-autore. Un lavoro prezioso e che stimo, utile a creare un dibattito pubblico di qualità indubbia: soprattutto se l’alternativa degli altri canali Rai è Bruno Vespa.
Ma c’è un ma. La squadra di Report spesso lavora a tema, a volte in modo feroce. Tagliando le interviste, spezzando le argomentazioni fino a renderle irroconoscibili. E dando le informazioni in una direzione sola, creando una realtà preconfezionata.
Il servizio dedicato all’OLT andato in onda lunedì putroppo non fa eccezione. Del rigassificatore mi sono già occupato e senza dubbio la questione del fattore di garanzia è complessa e controversa. Report purtroppo affronta la questione con furore manicheo.
Per esempio, si cita con sottile allusione complottistica il fatto che Eni sapesse già a inizio anni 2000 che ci sarebbe stata una “bolla del gas”. Peccato che la teoria della bolla del gas fosse una delle armi negoziali di Eni, che in cambio dell’eleminazione delle clausole di destinazione sulle importazioni di gas russo (2003) ottenne uno stop di fatto alla costruzione in Italia dei rigassificatori, che avrebbero introdotto troppa concorrenza. E in ogni caso nelle previsioni di Eni la bolla (poi smentita) sarebbe arrivata dopo la realizzazione di molte infrastrutture che in realtà sono rimaste sulla carta.
Quanto alla crisi dei consumi (-17% tra il 2008 e il 2013), vero che la crisi economica ha avuto un peso. Ma è altrettanto vero che a pesare sui consumi di gas è stata la concorrenza delle rinnovabili sussidiate, che hanno eroso quote di mercato alle centrali a gas.
Tra il 2011 e il 2013, a calare sono stati solo i consumi per il termoelettrico: -25%. Pari a 7 Gmc/a, ossia quasi quasi il doppio di un OLT (3,75 Gmc). Visto che nel frattempo la domanda elettrica è diminuità “solo” del 5%, l’effetto della concorrenza delle rinnovabili è evidente.
E i sussidi alle rinnovabili sono stati decisi a livello politico: difficile non tenerne conto. Inoltre, come nel caso del capacity payment, se non si vuole un monopolista ma si vuole un mercato, in ogni caso serve che qualcuno produca alcuni “beni pubblici” (capacità di importazione, capacità di generazione). La regolazione non può non intervenire e ripartire oneri e costi: viceversa sarebbe il caos, o un ritorno allo monopolio statale.
Che il management di OLT abbia sbagliato la “scommessa d’impresa” è fuori discussione e parte dei costi è naturale che ricadano sugli azionisti. Ma visto che il contesto è cambiato (anche) per l’intervento pubblico e che in ogni caso l’infrastruttura indubbiamente aumenta la sicurezza del sistema gas italiano, la questione andrebbe forse affrontata con un po’ più di equilibrio e pragmatismo.