Germania: il peso dei sussidi

Economist - Germany’s energy transition. Sunny, windy, costly and dirtyIl peso delle rinnovabili inizia a farsi sentire anche sull’economia tedesca, che rischia di essere penalizzata in modo decisivo proprio nel momento in cui la congiuntura internazionale sembra migliorare.

E il superministro dell’economia e dell’energia, Sigmar Gabriel, in settimana ha detto che in Germania “abbiamo raggiunto il limite di quanto possiamo chiedere alla nostra economia”, secondo quanto riportato dal FT.

Un segnale chiaro, in vista delle proposte della Commissione di alzare gli obiettivi di riduzione delle emissioni e renderli vincolanti a livello europeo, attese per quest’oggi. Perché il governo tedesco ha già imboccato autonomamente la strada di obiettivi molto ambiziosi e vorrebbe impegni più stretti e vincolanti per tutti.

La transizione energertica tedesca (Energiewende) fissa obiettivi molto alti. Al 2050, le rinnovabili dovrebbero fornire l’80% della produzione elettrica e il 60% dei consumi energetici, con una riduzione delle emissioni di CO2 dell’80-95% rispetto al 1990.

I costi delle misure fin qui adottare sono però astronomici: 16 miliardi in più in bolletta per le famiglie tedesche, secondo le cifre riportare dall’Economist. 24 miliardi in totale, secondo le stime del FT. E col rischio che la Commissione europea imponga di ridurre le esenzioni per gli energivori, penalizzando così l’industria tedesca.

Un bel problema per il governo tedesco, che teme di veder compromessa la competitività delle proprie imprese. E per Gabriel, visto che c’è il rischio concreto che l’utilizzo delle centrali a carbone sia progressivamente ridotto. Un grosso problema, considerando la forte industria estrattiva tedesca e la vocazione degli occupati nel settore a votare per l’SPD, il partito di Gabriel.

Il problema più grosso per il governo tedesco e la spiegazione della sua intransigenza è però un altro. La legge tedesca è molto rigida e non permette in alcun modo un taglio retroattivo dei sussidi.

Questo significa che il peso dei sussidi è destinato a restare immutato per anni: anche smettendo di sussidiare impianti nuovi, ci sarebbero quelli vecchi da mantenere per venti anni dall’entrata in servizio. A quel punto, tanto vale usarli appieno e imporre agli altri Paesi europei un peso simile, affinché l’industria tedesca non sia troppo svantaggiata. In questo caso, il problema non è solo tedesco, ma anche del resto d’Europa.

Aggiornamento: segnalo anche l’interessante articolo di Matt McGrath per la BBC.

Adeguatezza della capacità elettrica: di chi è la responsabilità?

Un paio di giorni fa si è tenuto a Milano un interessante workshop sullo stato del comparto delle rinnovabili elettriche nel nostro Paese ed è stata ribadita un’osservazione già emersa l’anno scorso: la rapida e massiccia penetrazione delle rinnovabili nel mercato sta spiazzando le centrali a gas costruite nell’ultimo decennio.

Dato che non riescono a lavorare per più di 3 o 4.000 ore l’anno, gli operatori stanno pensado di fermare per periodi più o meno lunghi questi impianti, se non addirittura di chiuderli definitivamente. Di nuovi investimenti non se ne parla nemmeno (al massimo si vuol fare qualche cosa con il carbone).

In questo quadro la sicurezza dell’offertà di elettricità nel nostro Paese potrebbe essere messa a rischio, sia nel breve periodo per mancanza di flessibilità, che nel lungo periodo per insufficiente adeguatezza della capacità di generazione rispetto alla domanda.

Andando un po’ più a fondo, credo che il problema sollevi una questione più generale, quasi di filosofia politica: chi deve garantire la sicurezza elettrica nel nostro Paese? Lo Stato o il mercato?

Trovare una soluzione non è semplice, perchè, da un lato, i sussidi alle rinnovabili sono un sistema poco efficiente e assai costoso (a meno che non si registri un fortissimo sviluppo delle batterie nei prossimi anni); mentre, dall’altro, il mercato all’ingrosso basato sul prezzo marginale non può funzionare bene nel momento in cui molte fonti hanno costi marginali nulli, rendendo così impossibile il recupero dei costi fissi di quasi tutte le centrali eletteriche, siano esse a fonti rinnovabili o a fonti tradizionali, nelle ore di picco.

Dinnanzi a noi credo stiano due opzioni, che mettono entrambe in profonda discussione quanto accaduto nel recente passato: o rinnegare la liberalizzazione e prevedere che il sia l’autorità pubblica a programmare gli investimenti in capacità e i prezzi dell’energia prodotta dalle varie tecnologie; oppure, se vogliamo tenerci il mercato liberalizzato creato meno di 14 anni fa, dobbiamo superare l’idea che esso possa essere energy only e prevedere qualche meccanismo per contendere, e quindi dare un prezzo, alla capacità di generazione. Tertium non datur.

La bolletta elettrica e le promesse del Governo

Il Ministro dello sviluppo economico, Flavio ZanonatoNei giorni scorsi il Consiglio dei Ministri ha approvato un importante decreto in cui spiccano una serie di interventi sulla bolletta elettrica. In particolare, è prevista una progressiva rimodulazione del valore del sussidio alle fonti rinnovabili e assimilate (Cip 6), nonché il blocco di un aumento del sussidio all’energia elettrica prodotta da impianti a biocombustibili liquidi.

In totale queste norme dovrebbero evitare un aumento/ridurre la bolletta elettrica per circa 500 milioni di euro. Si tratta di un risparmio importante, che però potrebbe essere totalmente annullato, qualora il Governo adottasse una misura di cui si discute da qualche tempo e che prevede uno sgravio pari a circa 600 milioni di euro a beneficio delle grandi imprese energivore. Uno sgravio, chiaramente, che dovrebbe essere coperto dagli altri consumatori di elettricità, famiglie e piccole imprese in primis.

C’è da augurarsi che il ministro Zanonato, coerentemente con la sua promessa di eliminare rendite e oneri impropri dalla bolletta, decida di rinunciare a questa nuova misura, che genererebbe un aumento delle bollette delle famiglie di circa 10-20 euro all’anno, e che renderebbe ancor più una chimera il parlare di concorrenza e libertà nel mercato dell’energia elettrica.

Se il prezzo finale dell’energia elettrica è per oltre la metà vincolato dagli oneri generali di sistema e dalla fiscalità, che concorrenza di prezzo potrà mai esserci?
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Le politiche ambientali europee: vittime della crisi economica

Le politiche ambientali europee: vittime della crisi economicaLa crisi economica europea e la selva di sussidi nazionali eccessivi e mal disegnati hanno reso progressivamente più plausibili gli ambizioni obiettivi al 2020 delle politiche ambientali europee.

Sul tema del gnalo un interessante contributo di Carlo Stagnaro su AgiEnergia: Le politiche ambientali europee: vittime della crisi economica.

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