Segnalo una bella infografica di Oxford Analytica, basata su dati Eurogas.
Il primo ministro della Slovacchia Robert Fico ha detto oggi in conferenza stampa «Today, multiple member states including Slovakia were informed by President Putin that as of June 1, if Ukraine does not pay for supplied gas, it will not be supplied to the European territory» (verbatim da Reuters).
Detta così, sembra una lettera davvero minacciosa. Grazie alle moderne tecnologie, ci è però concesso di andarla a leggere in versione ufficiale. E sembra più che altro una constatazione dei fatti: il debito ucraino si accumula (siamo a 3,5 miliardi) e da giugno Gazprom consegnerà solo il gas pagato in anticipo.
Nemmeno una riga sulle consegne di gas ai Paesi europei, niente minacce e nemmeno allusioni. Certo, esiste il rischio che il mancato pagamento da parte dell’Ucraina porti Gazprom a consegnare solo i volumi destinati ai Paesi europei e che poi Naftogaz ne trattenga una parte per i propri consumatori, facendo scattare l’interruzione completa dei flussi. Come nel 2006 e nel 2009.
Il problema però sarebbero la morosità e l’appropriazione indebita da parte di Naftogaz, non la richiesta di pagamento da parte di Gazprom. Il gioco è chiaro: il braccio di ferro su quanta parte degli aiuti internazionali all’Ucraina dovrà andare ai creditori russi si avvicina, mentre gli Stati Uniti hanno già detto apertamente che in totale non daranno più del miliardo previsto.
Toccherà quindi all’Europa affiancare il FMI e aggiungere al conto altri miliardi per tenere in piedi il governo di Kiev. La partita diventerà dunque costosa per l’UE e costruire un’immagine minacciosa e incombente del cattivo-Putin – che certo non è un santo – servirà a giustificare un ulteriore salasso dei cittadini europei. Con buona pace di greci e ciprioti, ancora appesi al cappio del debito.
Robert Fico avrebbe insomma fatto dire alla lettera di Putin quel che in realtà non c’è scritto, ma che risulta molto comodo ai governi più anti-russi. Sempre che in realtà il povero Fico non abbia ricevuto da Mosca una sua specialissima lettera slovacca.
A partire da oggi sono disponibili online i dati relativi al riempiemento degli stoccaggi ucraini, con aggiornamento settimanale. La disponibilità dei dati è arrivata in seguito a un accordo tra Naftogaz e Gas Infrastructure Europe (GIE), l’associazione di categoria a livello europeo.
Attraverso la propria sotto-organizzazione Gas Storage Europe (GSE), GIE pubblica un database costantemente aggiornato relativo al tasso di riempimento degli stoccaggi di tutti i Paesi UE.
Gli stoccaggi ucraini hanno una capacità massima di 32 Gmc e rappresentano un elemento fondamentale per garantire la stabilità durante la stagione invernale dei flussi di gas russo diretti in Europa. Attualmente il livello è di 8,5 Gmc, compatibile con la stagione corrente, considerando che le operazioni di riempimento si concentrano soprattutto nel periodo estivo.
Il monitoraggio costante della loro capacità sarà un elemento cruciale per valutare l’evoluzione dei rapporti tra la Russia, che dovrà fornire il gas da stoccare, e l’Ucraina, che dovrà trovare un soluzione per conciliare il proprio ruolo di consumatore e quello di Paese di transito.
Ps: GSE pubblica anche un’interessante mappa della capacità di stoccaggio a livello europeo, con relativo database.
South Stream ha comunicato nei giorni scorsi la firma di un memorandum tra Gazprom e l’austriaca OMV che prevede l’arrivo all’hub di Baumgarten di 32 Gmc di gas all’anno, pari alla metà dei volumi trasportati dal nuovo gasdotto.
L’annucio segna l’ennesimo aggiornamento del tracciato via terra del gasdotto, variato anche in funzione del variare degli allineamenti tra i Paesi balcanici e la Russia negli ultimi anni.
Nella nuova versione il gas russo attraverserà la Bulgaria, la Serbia, l’Ungheria e arriverà in Austria. Esce così ridimensionato essenzialmente l’ipotetico ruolo della Slovenia, attraverso cui si era dichiarato di voler far passare il grosso dei volumi diretti in Italia.
L’annuncio ha fatto parlare di marginalizzazione dell’Italia, in seguito al mancato sostegno di Roma al gasdotto in vista del prossimo G8-1. Guardando più da vicino la questione, non sembrano però esistere i presupposti affinché l’Italia sia esclusa.
L’obiettivo di Gazprom è portare sui mercati dell’Europa occidentale il gas russo senza dipendere la transito in Ucraina. Questo obiettivo è stato in gran parte raggiunto rispetto al primo mercato europeo del gas russo, la Germania (Nord Stream), ma non rispetto al secondo, l’Italia.
Numeri alla mano, le importazioni italiane di gas russo sono in media tra i 20 e i 25 Gmc all’anno, tutti in transito dall’Ucraina. Per raggiungere i piani di Gazprom (tralasciamo la questione regolatoria), un terzo della capacità di South Stream servirà a rifornire il mercato italiano, a prescindere dal tracciato che seguirà per reggiungerlo.
Giova anche ricordare che dall’hub di Baumgarten transitano già oggi tutti i volumi diretti in Italia e in ingresso sulla nostra rete al Tarvisio. Per gli approvvigionamenti italiani, il “nuovo” tracciato non cambia assolutamente nulla rispetto alla situazione attuale, se non che i flussi saranno più affidabili, non passando dall’Ucraina.
Anche sul piano industriale continua peraltro la partecipazione italiana al progetto. Dopo essersi aggiudicata la posa della prima linea per 2 miliardi di euro, Saipem ha siglato anche un contratto per fornire 400 milioni di euro di servizi a Allseas, che poserà la seconda linea.
Segnalo un’analisi di Filippo Maria D’Arcangelo, Luca Franza e Antonio Sileo per LaVoce.info, dal titolo Ma l’Ucraina non ci lascerà al freddo.
Gli autori ricostruiscono la situazione dell’approvvigionamento europeo e la dipendenza dei diversi Paesi europei dalle importazioni. Particolarmente condivisibile la chiarezza con cui gli autori sottolineano che da parte russa non c’è alcun interesse a interrompere i flussi verso i propri più importanti clienti, anche considerando la dipendenza da esportazioni dell’economia di Mosca.
I rischi per gli approvvigionamenti europei derivano da un’eventuale interruzione da parte di Kiev dei flussi di gas russo diretto in Europa. La debolezza della domanda, la capacità inutilizzata nelle altre infrastrutture di importazione e la congiuntura stagionale contribuiscono tuttavia a tenere bassi i rischi effettivi. Fare a meno del transito in Ucraina avrebbe però costi significativi, soprattutto nel caso di ricorso a carichi GNL.
Considerando che la sicurezza è esssenzialmente una scelta economica di prezzatura del rischio, evidenziare le vulnerabilità dell’approvvigionamento europeo è un contributo essenziale per riflettere sulle misure di mitigazione. A cominciare da una maggiore integrazione delle reti nazionali europee, essenziale per mettere in comune la capacità di importazione su diverse direttrici. A costi tutto sommato modesti.
Qui sotto un’interessante infografica del CIEP, ripresa anche nel post.
Sono disponibili qui le slides della mia relazione dal titolo Russia, Ukraine and the European Energy Security tenuta nell’ambito della conferenza Crisis in Ukraine and Crimea: emerging implications, organizzata oggi a Roma dall’Istituto Italiano di Studi Strategici “Niccolò Machiavelli”.