L’Ucraina e le guerre del gas

Lettera43 - L'Ucraina e le guerre del gas«Mettiamola così: provate a casa vostra a non pagare per sei mesi la bolletta e vedete cosa succede. Certo, potete chiamarla guerra, appellarvi ai tribunali, protestare contro i prezzi alti, ma se vi staccano il gas è solo colpa vostra. E finché non fate il versamento con gli arretrati, la pasta la mangiate fredda. Non c’è bisogno di scomodare quindi la geopolitica per spiegare la questione tra Gazprom e Naftogaz: i debiti vanno saldati, punto e basta».

Stefano Grazioli scatenato su Lettera43. E decisamente condivisibile: qui il resto.

Le prospettive della domanda di gas in Europa

OIES - The Outlook for Natural Gas Demand in EuropeSegnalo un bel paper di Anouk Honoré dal titolo The Outlook for Natural Gas Demand in Europe, pubblicato dall’Oxford Institute for Energy Studies.

Il lavoro è un’accurata analisi dei consumi finali di gas in Europa, che mette in evidenza la centralità della generazione elettrica sia come fattore di aumento dei consumi tra la fine degli anni Novanta e la metà degli anni Duemila, sia come fattore di rapida contrazione del mercato a partire dalla seconda metà del decennio scorso.

Il paper è molto approfondito e include una sezione dedicata all’analisi del passato, una dedicata alle sfide e allo opportunità nei diversi settori, una dedicata all’evoluzione futura fino al 2030 e infine una dedicata all’analisi (con grafici) delle prospettive di ciascuno dei 35 Paesi europei analizzati. Unico neo, l’assenza di valori relativi all’UE nel suo insieme o delle tabelle disaggregate per Paese.

Secondo l’autrice, il decennio in corso è destinato a essere dominato dagli effetti negativi della crisi, dei sussidi alle rinnovabili e del carbone a basso costo. Nel prossimo decennio ci sarà invece spazio per un recupero di domanda nel termoelettrico, soprattutto in Spagna e marginalmente Francia, Polonia e (forse) Germania.

In Italia, invece, data la bassa domanda attesa, la quota di rinnovabili presente e la ancora alta quota di generazione da gas non lasciano spazio secondo l’autrice a una crescita dei consumi per la generazione, ma solo a un parziale recupero dei volumi persi. Dura ma onesta verità, temo.

La UE spinge per liberalizzare le esportazioni di idrocarburi USA

Sole24Ore - L'Europa punta i piedi per liberare l'export di petrolio e gas UsaIl Sole24 Ore riporta oggi la notizia di un documento della Commissione europea trapelato nelle mani del Washington Post, in cui si vede la pressione che i negoziatori europei del nuovo accordo di libero scambio transatlantico stanno facendo sui loro omologhi americani, affinché si proceda all’eliminazione delle restrizioni alle esportazioni di idrocarburi fuori dai confini statunitensi.

Tali restrizioni furono introdotte negli anni ’70, quando gli embarghi posti in essere dagli arabi e la diminuzione della produzione domestica accrebbero la percezione dell’esistenza di una minaccia alla sicurezza energetica nazionale.

A seguito della shale revolution tali restrizioni non hanno tuttavia più molta ragione d’essere: gli USA ormai producono al loro interno o importano dal vicino e affidabile Canada la gran parte degli idrocarburi di cui abbisognano.

Secondo la Commissione europea, facilitare le esportazione di idrocarburi USA verso l’Europa può migliorare la sicurezza energetica europea.  Ci sono tuttavia ragioni di crede, e in questo blog l’abbiamo detto più volte, che questo miglioramento sia piuttosto trascurabile.

Semmai, il beneficio che l’Europa potrebbe ottenere sarebbe quello di vedere ridotto il vantaggio competitivo delle raffinerie e delle altre industrie americane che usano gli idrocarburi come materia prima, materia prima che in situazioni di eccesso di offerta viene inevitabilmente venduta a un prezzo ribassato (si ricordi che in questi anni il Brent è stato sensibilmente più caro del West Texast Intermediate).

Nel caso queste pressioni avessero un seguito positivo nell’accordo transatlantico, il comparto europeo, che vive una situazione di profonda crisi, potrebbe avere qualche piccola ragione di gioire.

Focus sicurezza energetica – Q1 2014

OSP - Focus sicurezza energetica - Q1 2014È stato reso pubblico il focus sulla sicurezza energetica relativo al periodo gennaio/marzo 2014 realizzato per l’Osservatorio di Politica Internazionale (Senato, Camera e MAE).

Il primo capitolo del Focus è dedicato all’analisi del fabbisogno di gas nei principali mercati europei, con specifico riferimento al difficile contesto della generazione termoelettrica da gas e alla composizione dell’approvvigionamento di gas dei principali Paesi europei.

Il secondo capitolo è invece dedicato all’offerta e, nello specifico, alle politiche dei Paesi produttori di gas naturale e dei Paesi di transito dei gasdotti attualmente in funzione o in fase di progettazione/realizzazione. Ai recenti sviluppi del sistema di infrastrutture di trasporto e alle prospettive di realizzazione di nuovi progetti è infine dedicato il terzo capitolo.

Il focus è completato da un approfondimento di Nicolò Rossetto dedicato alla crisi delle utility tradizionali e la sicurezza del sistema elettrico italiano.

South Stream e la sfida della regolazione europea

Reuters - South Stream, Gazprom e Omv siglano accordo finale per tratto gasdotto AustriaGazprom ha siglato ieri l’accordo per la costruzione della sezione finale del South Stream con gli austriaci di OMV (sì, quelli che fino all’anno scorso erano i talebani del Nabucco…).

Ora è ufficiale: il gas russo diretto in Italia arriverà dunque al Tarvisio passando per Baumgarten anziché per la Slovenia, il principale perdente degli utlimi sviluppi.

Mentre continuano le trattative per definire gli sconti all’Ucraina e la dinamica di rientro dal debito di Naftogaz, il governo russo spinge dunque per la costruzione in tempi rapidi del South Stream, il gasdotto che ridurrebbe al lumicino il potere di ricatto ucraino.

Nei piano di Gazprom, il primo gas dovrebbe arrivare in Bulgaria nel 2015: data ambiziosa, ma tecnicamente possibile. Sebbene la tratta sottomarina sia quella più complessa, i problemi per South Stream iniziano però sulla terraferma.

La Commissione europea sta usando la propria influenza per rallentare la costruzione, come parte della trattativa sugli sconti all’Ucraina. E qualche successo lo sta ottenendo: i lavori in Bulgaria si sono interrotti per ragioni legali, mentre in Serbia sono a rischio perché il Paese è candidato all’ingresso e dunque molto sensibile agli umori della Commissione.

Alla lunga, però, la costruzione dell’infrastruttura non può essere impedita. Diverso invece il discorso per la sua utilizzazione: il terzo pacchetto energia dà alla Commissione la possibilità di impedire le attività di trasporto da parte delle aziende produttrici, come Gazprom. Una possibilità che può essere usata in modo discrezionale, come messo in evidenza da Demostenes Floros.

Probabilmente l’azienda russa forzerà in ogni caso la costruzione, mettendo poi le Istituzioni europee davanti all'(insostenibile) posizione di voler impedire la diversificazione delle rotte di importazione. Col probabile risultato finale di replicare sul South Stream la soluzione adottata per Nord Stream, ossia autorizzare i flussi, ma solo a metà.