South Stream: diversificazione a rischio

Sole24Ore - Scaroni (Eni): forniture garantite anche senza gas dalla Russia. Futuro in bilico per South StreamLa situazione in Ucraina rimane difficile e l’UE e gli Stati Uniti hanno avviato simboliche sanzioni contro soggetti russi e ucraini protagonisti della secessione della Crimea e della sua successiva annessione alla Federazione Russa.

Nel frattempo, aprile si avvicina e con esso la fine dello sconto concesso da Gazprom a Naftogaz sulle forniture di gas destinate al mercato interno ucraino. Il rischio di contenzioso sulle morosità di Naftogaz (2 miliardi di dollari, al momento) è reale e potrebbe portare a un’interruzione delle forniture.

Nonostante la diversificazione degli ultimi decenni, la rete ucraina resta indispensabile all’Europa occidentale per mantere i livelli di importazione dalla Russia. Almeno fino a quando il gasdotto South Stream non dovesse diventare operativo. A quel punto, il gas russo potrebbe arrivare in UE e Turchia senza dipendere dall’Ucraina, ma la sua realizzazione (la prima linea dovrebbe essere operativa da fine 2015) sembra incerta.

La crisi in Ucraina ha spinto a un’accelerazione da parte russa e ha portato a un passo dall’avvio dei lavori. Nonostante gli alti costi, Gazprom è infatti determinata a non dover più dipendere dalla collaborazione di Kiev per raggiungere i propri clienti. I contratti per i tubi e per la posa della prima linea sono già stati firmati, rispettivamente da aziende tedesche e italiane.

Resta però aperta la partita fodamentale, quella dello scontro tra Gazprom e la Commissione Europea, che vuole un’apertura del gasdotto alla concorrenza e contesta gli accordi bilaterali coi Paesi UE di transito. E che in clima di sanzioni potrebbe mettersi ancora più di traverso.

Pessimista in merito anche Paolo Scaroni, che in un’intervista ha detto che il futuro del gasdotto è fosco, a causa delle tensioni tra UE e Russia. Le parole del (probabilmente uscente) ad di Eni pesano, ma molto resta ancora da decidere e in buona parte dipenderà dall’evoluzione dei rapporti tra Kiev e Mosca.

Il ruolo dell’energia nella crisi ucraina

CSIS - Crisis in Ukraine: What role does energy play?Segnalo anche io un post del CSIS dal titolo Crisis in Ukraine: What role does energy play? Si tratta di un’analisi lucida e puntuale, con una sensibilità piuttosto europea, nonostante sia diretta al decisore statunitense.

Per chi non avesse voglia di leggere tutto, riporto i passaggi chiave:

D1: In che modo la questione energetica ha contribuito alla crisi nella regione?

L’energia non ha fatto precipitare la crisi, ma ne è stata un dimensione importante (a causa della dipendeza ucraina e dal parallelo indebitamento di Naftogaz).

D2: Che probabilità ci sono che la Russia interrompa le forniture di gas all’Ucraina e all’Europa?

Non ci sono state minacce da parte delle autorità russe o di Gazprom di tagliare le forniture del gas a causa delle tensioni geopolitiche (il problema per l’Europa resta la perenne morosità ucraina).

D3: L’Europa può usare l’energia per fare pressioni sulla Russia o per ridurre la propria vulnerabilità?

Nel breve periodo, Europa e Ucraina hanno pochi strumenti a loro disposizione per ridurre la propria vulnerabilità energetica (soprattto l’Ucraina, che non ha altri fornitori). In un orizzonte temporale più lungo, l’Ucraina può diversificare, aumentare la produzione interna e ridurre i consumi di gas.

Q4: Gli Stati Uniti possono usare l’energia per fare pressioni sulla Russia, sostenere l’Ucraina o ridurre la vulnerabilità europea?

Nel breve periodo, no, perché non esportano gas (per quanto concerne il petrolio, rilasciare scorte per abbassare i prezzi mondiali e danneggiare la Russia non è un’opzione percorribile). In un orizzonte temporale più lungo, gli Stati Uniti possono avviare l’esportazione di GNL, ma non ci sono garanzie che gli europei sarebbero disposti a pagare il gas al prezzo dei consumatori asiatici (e il gas statunitense prenderebbe probabilmente quella via, essendo fatto da imprese in regime di concorrenza).

Eurogas: nel 2013 consumi di gas UE -1,4%

Eurogas - Drop in 2013 EU gas demand emphasises need for swift changeEurogas ha pubblicato le proprie statistiche relative all’andamento nel 2013 del mercato del gas in Europa e le notizie non sono buone: i consumi UE si sono attestati a 462,3 Gmc, circa 6 Gmc in meno rispetto al valore del 2012 (-1,4%).

Si tratta del terzo anno consecutivo di contrazione, che ha riportato i consumi indietro di un decennio. All’origine di questa tendenza, la contrazione degli usi per generazione elettrica, sottoposti alla duplice sfida del carbone a basso prezzo e delle rinnovabili sussidiate.

In un contesto europeo difficile, il dato italiano brilla in negativo: consumi a 68,3 Gmc, in contrazione di 4,7 Gmc (-6,8%). Male anche il mercato spagnolo, a 30,9 Gmc (-8,7%). In controtendenza il dato tedesco, con consumi a 88,5 Gmc (+6%).

Dal punto di vista dell’offerta, la produzione interna ha continuato a rappresentare la principale fonte con 156 Gmc, pari al 33% del totale. I principali fornituri esterni sono stati la Russia (125 Gmc, 27% dei consumi), Norvegia (106 Gmc, 23%), Algeria (37 Gmc, 8%). A questi si sono aggiungi la Libia (6 Gmc, 1%). Gli altri produttori hanno fornito, soprattutto via GNL, 36 Gmc (8%), di cui circa la metà rappresentata dal Qatar.

Fuori dall’UE, in forte crescita invece la Turchia, i cui consumi sono passati da 45,3 a 44,5 Gmc (-1,8%), mentre quelli elvetici sono passati da 3,5 a 3,7 Gmc (+5,7%).

Il caro-energia blocca le imprese? Un falso mito

LaVoce.info -  Il grande bluff del costo dell’energiaAlzi la mano chi non ha sentito dire almeno una volta che il costo dell’energia è uno dei grandi ostacoli alla competitività delle nostre imprese. A quanto pare, è un falso mito e a spiegarci perché sono Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, nel post Il grande bluff del costo dell’energia.

Numeri alla mano, gli autori mostrano che i grandi energivori in realtà pagano prezzi dell’energia elettrica assolutamente competitivi a livello europeo, mentre le piccole e medie imprese che pagano di più l’energia elettrica, in realtà ne consumano così poca (in rapporto al fatturato) da non incidere in modo determinante sulla loro competitività.

Gli autori si dedicano all’elettricità, ma un discorso simile vale anche per il gas, come avevamo già visto qui a novembre dell’anno scorso. Per inciso, un plauso al ruolo di Eurostat nel garantire (perfino in Italia) un dibattito basato sui numeri e non sui sentito dire.

Bel post molto utile, da leggere e diffondere. Non concordo però con le conclusioni, perché se è vero che quello del caro-energia è un bluff che giustamente si smonta coi numeri, anche il fatto che le rinnovabili sussidiate siano in assoluto un grande investimento “in futuro” è davvero tutto da dimostrare.

Il significato della crisi ucraina per il mercato del gas

OIES - What the Ukrainian crisis means for gas marketsSegnalo un ottimo e tempestivo paper dell’OIES dal titolo What the Ukrainian crisis means for gas markets. Il lavoro ricostruisce il ruolo dell’Ucraina quale transito per il gas russo diretto in Europa, i rapporti tra Kiev e Mosca e l’impatto di una possibile crisi.

L’ipotesi che un’interruzione possa essere deliberatamente causata da Mosca è esclusa. Tuttavia se, come nel 2009, Naftogaz continuasse a non pagare le forniture e Gazprom dovesse di conseguenza interrompere le forniture per il mercato interno ucraino, Naftogaz potrebbe deviare i flussi diretti in Europa verso i propri clienti, spingendo infine i russi a bloccare del tutto le esportazioni.

L’impatto sarebbe comunque limitato ai Paesi dell’Europa orientale e con conseguenze minori rispetto a quelle già modeste di cinque anni fa, grazie al miglioramento delle interconnessioni all’interno dell’UE.

Lo scenario di una nuova disputa tra Gazprom e Naftogaz secondo gli autori è addirittura probabile. Quest’ultima ha infatti un debito di 2 miliardi di dollari (dopo che 3,3 miliardi sono stati cancellati a Febbraio), destinato a crescere a causa della strutturale carenza di liquidità e alle attività gestite in perdita.

La crisi incombente sembra essere un invito ad accelerare la costruzione di South Stream, che nonostante i costi proibitivi sta in questi mesi mostrando la validità del suo obiettivo strategico.

ZOOM - Gasdotti di transito verso l'Europa (© Jonathan Stern 2014)Il nuovo gasdotto da 63 Gmc/a poterebbe infatti la capacità di esportazione dalla Russia in Europa (Ucraina esclusa) a 165 Gcm/a, corrispondenti a poco più degli attuali livelli complessivi di esportazione in Europa (UE+Turchia e Balcani non UE).

South Stream priverebbe così Kiev di ogni potere di ricatto nei confronti sia di Gazprom, sia dei Paesi europei. Secondo i dati di Sberbank riportati nello studio, nel 2013 Gazprom ha esportato in UE 86 Gmc attraverso l’Ucraina, per un controvalore superiore a 33 miliardi di dollari: un forte incentivo per produttori e esportatori ad aumentare l’affidabilità dei flussi.

Difficile però al momento dire se dal lato europeo prevarrà la razionalità o se la logica dello scontro ideologico frenerà lo sviluppo infrastrutturale e la sicurezza energetica europea.

ps: per correttezza, segnalo che a pagina due del report l’unità di misura è milioni di metri cubi (Mcm) e non migliaia di metri cubi, come erroneamente indicato.