La politica estera UE e la sicurezza energetica globale

ISS - Energy moves and power shifts: EU foreign policy and global energy securitySegnalo anche io il report di Iana Dreyer e Gerald Stangdal titolo Energy moves and power shifts: EU foreign policy and global energy security, pubblicato dall’EU Institute for Security Studies.

Analisi dettagliata e interessante, incentrata sulla proposta di sei priorità d’azione per l’UE in materia di sicurezza energetica:

  • migliorare gli approcci multilaterali a livello globale (risposta pragmatica al declino relativo);
  • puntare ad accordi vincolanti con la Russia sulla reciprocità degli investimenti (quantomai attuale, data la perdurante instabilità ucraina);
  • cooperare con Stati Uniti e Giappone per l’apertura dei mercati energetici e per gli investimenti (in fondo, continuano ad essere sistemi economici più simili a noi);
  • dialogare e cooperare con la Cina, anche per influenza gli altri Paesi in fase di industrializzazione (necessario);
  • lavorare sul contenimento della domanda di fossili, sfruttando anche le politiche ambientali (che comunque offrono un pretesto);
  • gestire i rapporti coi fornitori, focalizzandosi su produttori più vicini (toh, vuoi vedere che la geografia conta ancora?)

Parecchi spunti: consiglio davvero la lettura, almeno dell’executive summary.

Focus sicurezza energetica – Q4 2013

Osservatorio di Politica Internazionale - Focus sicurezza energetica - Q4 2013È stato reso pubblico il focus sulla sicurezza energetica relativo al periodo ottobre/dicembre 2013 realizzato per l’Osservatorio di Politica Internazionale (Senato, Camera e MAE).

Il primo capitolo del Focus è dedicato all’analisi del fabbisogno di gas nei principali mercati europei, con specifico riferimento al difficile contesto della generazione termoelettrica da gas e alla composizione dell’approvvigionamento di gas dei principali Paesi europei.

Il secondo capitolo è invece dedicato all’offerta e, nello specifico, alle politiche dei Paesi produttori di gas naturale e dei Paesi di transito dei gasdotti attualmente in funzione o in fase di progettazione/realizzazione. Ai recenti sviluppi del sistema di infrastrutture di trasporto e alle prospettive di realizzazione di nuovi progetti è poi dedicato il terzo capitolo.

Il focus è completato da due approfondimenti del sottoscritto dedicati rispettivamente al TAP e al South Stream.

Emissioni di CO2: l’Europa è marginale (2)

Variazione delle emissioni di CO2 nel decennio in corso e nel prossimoLa scelta dell’Unione Europea di continuare la propria fuga in avanti nella riduzione unilaterale delle emissioni di CO2 si sta rivelando sempre più costosa e velleitaria.

La sussidiazione delle rinnovabili che ne è derivata ha sconvolto il settore elettrico, ha mandato in fumo centinaia di miliardi di capitalizzazione degli operatori del settore per via amministrativa e ha creato posizioni di rendita i cui costi sono direttamente scaricati sulle bollette dei consumatori finali.

Della marginalità delle emissioni europee ne abbiamo già parlato. Vale la pena però sottolineare ancora come secondo la IEA, nel decennio in corso l’UE diminuirà le proprie emissioni di 342 Mt, mentre il resto del mondo le aumenterà di 3.776 Mt. Nel prossimo decennio andrà un po’ meglio: UE -455 Mt, resto del mondo “solo” +2.353 Mt.

Variazione delle emissioni di CO2 tra il 1990 e il 2030Anche di fronte a dati come questi, la Commissione sottolinea continuamente l’importanza del dare l’esempio a livello mondiale, tracciando la strada. Tuttavia, la politica del predicozzo globale non sembra essere particolarmente efficace, dati alla mano.

Secondo lo scenario attuale della IEA, al 2030 l’UE ridurrà le emissioni del 33% rispetto al 1990. Coi nuovi obbiettivi, l’asticella sale al 40%. E gli altri? Nello stesso periodo, le emissioni globali aumenteranno del 74%, con la Russia a -19% e gli Stati Uniti a -3%, la Cina a +349% e l’India a +469%.

Quando inizieremo a riprendere contatto con la realtà?

Emissioni di CO2: l’Europa è marginale

Emissioni di CO2 delle principali economie mondiali (2011-2030)La riduzione delle emissioni di CO2 rappresenta da un decennio una delle priorità politiche della Commissione. L’enfasi è stata posta sulla definizione di obbiettivi vincolati alle emissioni europee: -20% rispetto al 1990 entro il 2020 e -40% entro il 2030.

La Commissione ha usato la questione del cambiamento climatico come strumento per acquisire legittimità e spazi d’azione, spingendo i Paesi europei all’avanguardi nella “lotta” (già il termine la dice lunga sull’approccio di marketing) al cambiamento climatico. Peccato che gli altri non seguano, o seguano a parecchia distanza.

Prima di continuare a imporre alle economie europee i costi di una continua riduzione unilaterale delle emissioni, gioverebbe dare un’occhiata ai dati in un’ottica globale. Anche senza mettere in discussione il nesso tra emissioni antropiche e cambiamento climatico.

Guardando ai dati IEA, emerge che l’Unione Europea ha emesso nel 2011 3.499 Mt di CO2, ossia l’11% del totale mondiale (31.161 Mt). Secondo le previsioni, al 2020 le emissioni europee scenderanno a 3.157 Mt, ossia il 9% del totale mondiale, per attestarsi nel 2030 a 2.702 Mt, ossia il 7% del totale mondiale.

Variazione delle emissioni di CO2 (2011-2030)Emissioni netta contrazione, quelle europee. Al contrario di quelle mondiali, che arriveranno a 34.595 Mt nel 2020 e a 36.493 Mt nel 2030. A guidare la crescita la Cina, le cui emissioni sono già oggi il doppio di quelle europee e il solo cui aumento tra il 2011 e il 2030 sarà di poco inferiore al totale delle emissioni.

Insomma, mentre noi tagliamo, dalle parti di Pechino spunterà dal nulla una nuova Europa, in termini di emissioni. E percorsi analoghi saranno seguiti dalle altre economie mondiali, USA a parte (ammesso che la nuova amministrazione non sia repubblicana…).

Insomma, quasi tutti continueranno ad emettere più o meno indisturbati. Perché imporre costi crescenti alle famiglie e alle imprese europee senza un impegno globale?

Obiettivi europei clima-energia: un’analisi

Aleksandra Gawlikowska-Fyk -New Climate and Energy Package for 2030Come ampiamente riportato dalla stampa, la Commissione europea ha reso noti mercoledì i nuovi obiettivi europei in tema di emissioni di CO2 e di diffusione obbligatoria delle rinnovabili al 2030.

Quanto alle emissioni, l’obiettivo fissato è di una riduzione delle emissioni di CO2 del 40% rispetto ai livelli del 1990. L’obiettivo è obbligatorio e declinato su base nazionale: ciascun Paese ridurrà le proprie emissioni rispetto ai propri livelli del 1990. Incidentalmente, anno nel quale le fabbriche ad alte emissioni della Germania dell’Est erano ancora in piena attività.

Quanto alle rinnovabili, l’obiettivo fissato è di una diffusione delle rinnovabili al 27% del paniere energetico. In questo caso, l’obiettivo è declinato a livello europeo. In questo modo, se un grande Paese con obiettivi vincolanti stabiliti a livello nazionale si trovasse in eccesso di produzione da rinnovabili, potrebbe vendere la propria produzione “verde” agli altri Paesi (come si dice in tedesco?).

Segnalo un breve paper di Aleksandra Gawlikowska-Fyk dal titolo New Climate and Energy Package for 2030, che analizza le decisioni prese.

L’asse franco-tedesco dell’energia: i dubbi

Le Figaro - Hollande propose un «Airbus franco-allemand de l'énergie»Nella conferanza stampa del 14 gennaio, il Presidente Hollande ha proposto un asse franco-tedesco per l’energia. La StaffettaQuotidiana ha interpretato la proposta come un’alleanza di piccole e medie imprese dei due Paesi, da costruire intorno all’Office franco-allemand pour les énergies renouvelables.

L’Office è una struttura intergovernativa creata l’estate scorsa dagli omologhi Delphine Batho e Peter Altmaier, in realtà poco più di un’esperienza simbolica, destinata soprattutto allo scambio di informazioni. Nel frattempo, i due sono stati tra l’altro sostituti da Philippe Martin e da Barbara Hendricks e non si sono registrati particolari passi avanti.

In più, secondo Reuters, EDF e E.On non sarebbero stati ufficialmente interpellati da parte dell’Eliseo sull’iniziativa ipotizzata da Hollande. A riprova del fatto che se qualcosa si sta muovendo, non riguarda (almeno ufficialmente) i giganti.

Eppure Le Figaro ricorda la cooperazione tra Framatom e Simens per la realizzazione del reattore EPR e si interroga sulla reale portata delle dichiarazioni di Hollande. D’altronde, coi suoi 56 miliardi di fatturato, Airbus è senza dubbio un termine di paragone piuttosto ambizioso.

Qualche chiarimento dovrebbe arrivare il 19 febbraio, in occasione del prossimo Consiglio dei ministri franco-tedesco. Quando si capirà se Hollande ha lanciato un ballon d’essai o se ha fatto riferimento a un progetto più avanzato. Intanto, purtroppo una cosa è certa: l’Italia continua a non essere un partner attraente.